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Tennis, Us Open: Nadal vince il 16.mo trofeo Slam

Sono 74 i titoli Atp complessivi per Rafa su 109 finali in una straordinaria carriera

Redazione ITASportPress

Era il grande favorito e ha tenuto fede fino in fondo a questo ruolo. C’è la firma di Rafa Nadal sull’edizione 2017 degli US Open, quarto e ultimo Slam stagionale che ha emesso il suo verdetto sul cemento di Flushing Meadows: in un Arthur Ashe Stadium gremito in ogni ordine di posti lo spagnolo, numero 1 del mondo e del tabellone, ha sconfitto 63 63 64, in due ore e 27 minuti, il sudafricano Kevin Anderson, alla prima finale in un Major in carriera, prima di questo torneo numero 32 Atp e 28esima testa di serie.

Il campione maiorchino ha dunque conquistato il secondo Slam in questo 2017 straordinario per lui, se si considera che prima dello storico decimo trionfo al Roland Garros era stato finalista anche agli Australian Open, stoppato da quel Roger Federer che ha poi primeggiato anche a Wimbledon, quasi che il tempo nel circuito della racchetta si fosse fermato e la rivalità fra questi due fuoriclasse non avesse fine. Salgono così a 16 i trofei Slam (su 23 finali disputate) nella bacheca del 31enne di Manacor, al terzo centro a New York, dopo quelli del 2010 e del 2013 (ha perso invece l’ultimo atto del 2011 contro Novak Djokovic), anche in quei casi ottenuti da numero 1 del ranking.

RAFA, DIMOSTRAZIONE DI FORZA NON SOLO SULLA TERRA - Sono 74 i titoli Atp complessivi per Rafa su 109 finali in una straordinaria carriera, che lo ha visto ritornare al vertice in questa stagione dopo i guai fisici che lo hanno tormentato, in particolare lo scorso anno, costringendolo al ritiro a Parigi e poi condizionandolo pesantemente anche alle Olimpiadi di Rio a cui non aveva voluto rinunciare (dopo aver dovuto già saltare Londra 2012).

Come già i quattro precedenti lasciavano intuire, Nadal non ha dato scampo al gigante sudafricano (2 metri e 3 centimetri di altezza) che agli ottavi aveva stoppato l’azzurro Paolo Lorenzi, centrando il suo 53esimo match vinto nella Grande Mela, seguito come già in semifinale nel suo box in tribuna anche da Tiger Woods e figlioletto. “Voglio far vedere a New York perché sono tornato numero uno”, aveva detto il maiorchino dopo le non del tutto convincenti apparizioni all’inizio della campagna americana sul cemento. Ha mantenuto la promessa, Rafa, tornando a vincere un torneo sul cemento dopo oltre tre anni e mezzo (l’ultimo successo su questa superficie risaliva al gennaio 2014, a Doha). Così da dimostrare con i fatti di non essere solo il re della terra.

ANDERSON SI CONSOLA SALENDO AL N. 15 ATP, IN CORSA PER IL MASTER – Di fronte a un tale “cannibale” poco ha potuto Anderson, comunque autore di un torneo da favola, lasciandosi alle spalle due stagioni costellate da infortuni (in primis anca e spalla) che lo avevano fatto precipitare all’ottantesima posizione mondiale, lui che nell’ottobre 2015 era arrivato al numero 10 del ranking, anche e soprattutto grazie ai quarti proprio in questo torneo. Con il suo exploit il 31enne di Johannesburg, cresciuto poi nei college degli States con una borsa di studio all’università dell’Illinois, ha riportato il Sudafrica nella geografia del tennis che conta: per trovare un suo connazionale in finale nella Grande Mela bisogna tornare indietro di oltre mezzo secolo, al 1965, quando si issò fino all’ultimo atto Cliff Drysdale, sconfitto da Manolo Santana sull’erba di Forrest Hills, mentre l’ultimo sudafricano in una finale Slam era Kevin Curren, battuto da Mats Wilander nel 1984 a Melbourne (l’anno seguente, finalista a Wimbledon, difendeva i colori degli Stati Uniti). Anderson ripartirà da New York con 15esima posizione mondiale e una chance concreta di lottare per un posto alle Atp Finals di Londra.

RAFA SUBITO IN CATTEDRA, POI DOMINA - Il quinto testa a testa fra i due (tutti di marca spagnola gli altri: il primo nel ‘1000’ canadese nel 2010, poi nel 2015 agli Australian Open e al ‘1000’ di Parigi Bercy e quest’anno sulla terra di Barcellona) ha visto Anderson costretto ai vantaggi fin da subito nonostante 2 ace, situazione ancora più delicata nei due successivi turni di servizio, quando sull’1-1 è stato chiamato a salvare 2 palle break (la prima con un po’ di fortuna) e altrettante poi sul 2-2, prima di issarsi sul 3-2. Nel settimo game, alla quinta opportunità, il sudafricano ha però dovuto cedere la battuta (messo in corridoio l’attacco di diritto) e Nadal, che ha messo giù l’acceleratore e gli ha strappato di nuovo il servizio per il 63, sancito da una stop volley di rovescio del maiorchino. Anche per via del dispendio di energie fisiche e mentali della prima frazione (senza però ottenere granché come costrutto), nella seconda sono un po’ calate le percentuali di servizio del 31enne di Johannesburg, la sua arma principale (alla fine 10 gli ace messi a segno), brekkato al quarto gioco. Il vantaggio ha dato più tranquillità a Rafa, che è avanzato di un metro nella posizione alla risposta e soprattutto ha preso a mulinare con continuità i suoi colpi, comandando lo scambio appena possibile. Nei suoi turni di battuta non ha mai concesso chance all’avversario e con un dritto vincente ha messo in cassaforte il secondo set (63) accompagnandolo con un “vamos” dei suoi. E anche il terzo si è aperto con un break dell’iberico, consegnato con un altro errore di diritto di Anderson. Il quale, con atteggiamento encomiabile, ha continuato a lottare su ogni palla, rimanendo in scia a Nadal, che però lucido e concentrato nei suoi turni di servizio è arrivato ai vantaggi solo nel decimo game (da urlo uno smash sbagliato dal sudafricano sul 15 pari), prima di mettere un gran servizio esterno e di venirsi a prendere a rete l’ultimo punto, con una comoda volée di diritto a campo aperto.

LA GIOIA DI RAFA: “DUE SETTIMANE SPECIALI, EMOZIONI INCREDIBILI” - “Sono state veramente due settimane speciali” – le prime parole di un Rafa sorridente e felice – “ma prima di tutto desidero congratularmi con Kevin: sei un grande esempio per tanti bambini con il tuo essere tornato più forte di prima dopo vari problemi fisici, per cui complimenti a te e alla tua squadra, con il tuo allenatore che ricordo di aver affrontato qualche anno fa a Wimbledon. Devo ammettere che è un anno emozionante per me, ho trovato subito un buon tennis e il risultato in Australia mi ha dato fiducia per il resto della stagione. E adesso vincere questo torneo mi regala tantissima energia. Ringrazio dunque la vita che mi ha dato questa opportunità, tutto il mio team e la mia famiglia, e devo dire che a New York mi sento come a casa”. Stimolato da una specifica domanda su zio Toni, il campione spagnolo ne ha poi ribadito il ruolo fondamentale: “Mi ha reso più forte, lo ringrazierò per sempre, è una delle persone più importanti della mia vita”, il tributo di Rafa, che ha voluto dedicare un pensiero di incoraggiamento alle persone colpite dal terremoto in Messico e dall’uragano che sta devastando Caraibi e Florida, prima di congedarsi dal pubblico in spagnolo: “mi fate provare delle emozioni incredibili, tornerò il prossimo anno e continuerò a lottare sul campo, spero ancora per tanto tempo”.

LO SCONFITTO: “QUESTA FINALE MI DA’ GRANDE CARICA PER IL FUTURO” - Il primo a congratularsi con il vincitore era stato proprio Anderson: "So che abbiamo la stessa età, ma mi sembra di seguirti da una vita Rafa, sei stato un idolo per me e ti considero uno dei migliori ambasciatori del nostro sport” – ha sottolineato il sudafricano – “Dopo aver lottato contro diversi infortuni è stato bellissimo raggiungere la mia prima finale Slam. Non avrei mai pensato di arrivare a giocare questa partita, questo non è il risultato che speravo ma ritornerò. Anche perché questa finale mi dà grande carica per il futuro e tanta voglia di lavorare ancora per migliorare”.