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AIA, Nicchi sentenzia: “Basta con le aggressioni agli arbitri. Sui cori razzisti…”

Nicchi (Getty Images)

"Le regole ci sono ma non vengono applicate"

Redazione ITASportPress

"Basta con i campioni che non hanno regole", così il presidente dell'AIA Marcello Nicchi, intervistata da Il Mattino. Il numero uno degli arbitri si è detto stufo dei continui comportamenti sopra le righe dei calciatori e ha parlato a 360 gradi di tutto ciò che concerne il mondo arbitrale nel calcio nostrano.

COSI' NON VA - "È inutile continuare a parlare di regole, quando le regole ci sono ma non vengono applicate. Non accetteremo più aggressioni" - e continua - "Quando mi insediai al vertice dell'AIA qualcuno mi spiegò che ogni anno in Italia vengono aggrediti 900 nostri iscritti, quasi tutti giovani. Allora, in consiglio federale chiesi se fossimo usciti tutti matti, o cosa. Risposta: Ma cosa vuoi che sia? In fondo è un dato fisiologico se si fa il rapporto con le circa 700mila partite giocate. A quel punto mi sono determinato a cambiare un metodo e un modo di pensare".

BRUTTO ESEMPIO - "Un esempio di quanto affermo? Undici novembre: torno a casa, vedo Milan-Juventus e rabbrividisco vedendo Higuain che deve essere trattenuto da alcuni compagni di squadra mentre tenta di aggredire l'arbitro. Assurdo".

CAMBIARE - "Cosa serve per modificare quanto accade? Una presa di coscienza da parte di tutti i soggetti interessati. A cominciare dalla Federazione, che deve svegliarsi. Con Gravina, Sibilia e Tommasi stiamo lavorando bene. Ma fino a quando non passerà l'idea che chi scavalca una recinzione per rincorrere e picchiare un ragazzino che arbitra merita la galera sarà difficile cambiare le cose. Questa gente è come, e forse anche peggio, della mafia e della camorra, ed è il frutto di ambienti profondamente degradati".

CORI RAZZISTI - "L'inasprimento delle norme c'è stato e credo sortirà effetti positivi. L'errore è pensare che il problema vero sia lo striscione, il coro becero piuttosto che il minuto di sospensione e così via cantando. No: il cuore della questione restala diffusione di una vera cultura della legalità".