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Capello: “San Siro non è la casa né dell’Inter né del Milan. Sui giovani italiani…”

Fabio Capello (getty images)

"Ci sono molti giocatori che sono stati esaltati ma in Nazionale non hanno mai reso"

Redazione ITASportPress

È un Fabio Capello a tuttotondo, quello che ha parlato ai media presenti a margine dell'evento Milano Calcio City. L'ex tecnico tra le altre del Milan, ha parlato anche del momento dell'Inter e ovviamente dei rossoneri. Poi ha ricordato il suo passato da giocatore e da allenatore per poi soffermarsi sui giovani italiani e su un tecnico a lui molto gradito.

SAN SIRO - "Per Milan e Inter vedrei bene una separazione a livello di stadi: due impianti più piccoli magari.Quando lavoravo in Inghilterra e abbiamo trasferito gli uffici a Wembley, mi sentivo a casa. Secondo me a San Siro, si è in un condominio, si è in due. Vai a Milanello e ti senti a casa, vai ad Appiano Gentile e ti senti a casa, quando entri a San Siro invece è la tua casa ma non è la tua casa veramente".

DA GIOCATORE E ALLENATORE - "Sono cose diverse, due mestieri diversi. Da calciatore devi allenarti bene, fare vita sana e non preoccuparti di altro se non di seguire quello che dice l’allenatore. L’allenatore deve pensare per trentacinque persone, perché ti giudicano nel momento in cu sei bravo, in quelli in cui sei in difficoltà. Questo viene memorizzato dai calciatori che capiscono se sei un leader e questo è molto importante. Ci sono i collaboratori con cui ci si deve confrontare, loro devono dirti la verità in faccia, senza paura, devono farti svegliare e far capire dove stai sbagliando. Sono sempre stato uno che ha messo il calcio davanti a tutto. Non andavo in costa Smeralda, andavo a curarmi perché mi sono rotto il primo menisco a diciotto anni e il secondo a venti. Facevo il professionista, non mi piaceva fare tardi la notte. Ora sono cambiate le cose, ci sono i social, bisogna accettare i cambiamenti anche se sarebbe meglio prestare maggiore attenzione.

RICORDO - "Quello che mi è rimasto dentro è il gol di Wembley, e quando siamo stati eliminati in Germania nel 1974. La tristezza mi è rimasta dentro. Eravamo favoriti. Pensare che in Germania non abbiamo fatto quello che potevamo fare, per dei capricci interni, perché chi ci doveva gestire non ha saputo gestirci, si era partiti male da Coverciano. Questa Nazionale aveva vinto undici partite di seguito contro tutte le squadre più forti. Il gol a Wembley lo dedicai a venti mila camerieri, come avevano scritto nel Daily Mail il giorno prima. Per quanto riguarda da allenatore, il primo scudetto che vinci è importante. Ma io parto dalla Primavera, ho fatto sei anni nel settore giovanile e mi è sempre piaciuto vedere crescere i giovani. Questa è la cosa più bella che un allenatore possa avere. Maldini, Costacurta, Galli sono giocatori che giocavano con me dalla Primavera. Vorrei raccontare un aneddoto su Maldini quando giocava in Primavera a sedici anni, giocava con i diciottenni. Finita la partita, io stavo facendo il corso da allenatori intanto, un mio collega venne da me e mi disse ‘Fabio, ma fai giocare Maldini perché è il figlio del grande Cesare?’, io lo guardai male e gli dissi che per prima cosa mi stava offendendo, perché non ho mai voluto saperne di raccomandati, e poi gli dissi che ne avremmo riparlato dopo qualche anno di Paolo". Sulla finale di Champions ad Atene nel 1994 ha poi aggiunto: "Vincemmo la finale di Champions ad Atene, sapevamo che c’erano due giocatori che dovevano essere fermati assolutamente. Koeman e Guardiola per lasciare la palla al terzino destro perché su dieci passaggi, sette li dava a noi".

GIOVANI ITALIANI - "Chiesa è un giovane di grande speranza, ha giocato delle ottime partite, ha fatto vedere che anche in Nazionale si esprime ad alti livelli. Ci sono molti giocatori che sono stati esaltati ma in Nazionale non hanno mai reso, vuol dire che non hanno la personalità per giocare a quella velocità, sia fisica che mentale. Si sbaglia perché si deve accelerare la giocata. Chiesa ha dimostrato di poterlo fare”.

MOURINHO - "La verità è che lui voleva fare con il Real Madrid quello che ha fatto con l’Inter. Ma a Madrid non ti perdonano niente, solamente due persone hanno fatto la storia, il presidente Santiago Bernabeu e Di Stefano. Tutti gli altri sono passati, come Ronaldo che è stato dimenticato. È un grandissimo allenatore per me".