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Juventus, Higuain: “Ho fatto bene a lasciare Napoli. A Sarri voglio bene, ma Allegri mi ha cambiato”

"La cosa che spero di più è concludere in modo positivo quest'anno veramente meraviglioso che stiamo facendo"

Redazione ITASportPress

Lunga intervista rilasciata da Gonzalo Higuain a Walter Veltroni per il Corriere dello Sport; ecco quanto dichiarato dall'attaccante argentino della Juventus fresco vincitore della Coppa Italia:

PARAGONI - "Argentina e Italia si somigliano molto. Infatti penso che sia il paese d'Europa che più le assomiglia. E' una cosa vera. C'è un legame di sangue, fatto dall'emigrazione e forse un legame di sentimenti. Ci assomigliamo anche nel modo di vivere il calcio. Che è tanto importante nelle emozioni di argentini e italiani. I modi di giocare, però, sono diversi per storia, tattica e ambiente. Ciò che li unisce è che sono ambedue molto competitivi e molto passionali".

INFANZIA E SOGNI - "Ho cominciato a giocare a calcio da bambino. Avevo cinque o sei anni. Sono cresciuto in una famiglia calcistica. Mio padre Jorge è stato un difensore di qualità: ha militato nel River Plate e nel Boca Juniors. Fin da bambino ho respirato l’odore del cuoio e ho seguito mio padre in tutte le sue avventure calcistiche. Sono nato in Francia perché papà giocava lì. Pane e pallone, così sono cresciuto. Il mio sogno più grande era arrivare ad essere un calciatore professionista. Per fortuna l'ho potuto fare, ma non ho finito. Voglio fare di più. I sogni che si realizzano ne generano per fortuna altri. Mai pensare di essere arrivato, bisogna sempre andare, viaggiare, cercare. Il porto più bello è quello dove non si approda, che si sogna di raggiungere".

GENITORI - "Mia madre dipinge, è un'artista. Mi ha dato molto, forse ha contribuito anche con il suo estro a farmi il giocatore che sono e la persona che sono. Nella vita un figlio prova a prendere il meglio dai suoi genitori. E loro provano a non far fare a te i loro stessi errori, quello che hanno fatto male. E' dono, è scambio permanente. Ho avuto una famiglia favolosa, che mi ha aiutato tanto ad essere quello che sono. Spero di aver preso da tutti e due quello che pensavo fosse meglio. E ce n'era, tanto. Mio padre mi ha insegnato a sentirmi uguale a tutti. Prima di arrivare al Real Madrid, avevo diciotto anni, lui mi ha detto di sentirmi uguale a tutti, con il massimo rispetto. Entravo, ragazzo, in una squadra di campioni. Ma non dovevo avere timidezze, complessi di inferiorità. Dovevo essere cosciente di quello che loro avevano vinto, ma dovevo avere insieme la consapevolezza che se la società mi aveva scelto: se erano venuti a prendermi in Argentina, voleva dire che avevano fiducia in me. Dunque il mio atteggiamento era quello della massima considerazione per i miei compagni, la loro storia e i loro successi, ma al tempo stesso avevo il dovere, non solo il diritto, di non sentirmi meno di nessuno".

PATRIA - "L'Argentina manca, mancano gli amici, manca il modo di vita. Mi manca l'asado, il mate, i sapori di Argentina… Quando sei lontano puoi anche prepararti e berti una tazza di mate. Ma lo fai da solo o con pochi amici. In Argentina lo fanno tutti, lo fanno insieme. Quelle sensazioni collettive mi mancano. Da più di dieci anni sono in Europa, quindi sono abituato. Ma ogni volta che torno nel mio paese per me è una grandissima gioia".

BIANCONERO - "La cosa che spero di più è concludere in modo positivo quest'anno veramente meraviglioso che stiamo facendo. Quando sono arrivato mi sono trovato a giocare con un modulo per me del tutto nuovo. Era la prima volta che giocavo così nella mia vita, quindi è stato difficile. Dopo Firenze il mister ha deciso di cambiare lo schema, di schierare il 4-2-3-1. Nel momento in cui lo ha fatto ha chiesto a quelli che giocavano in attacco di sacrificarsi di più. Era la condizione per non rendere fragile ed esposta la squadra. Ci disse che per usare tutto il talento tecnico di cui disponevamo ci voleva anche tanto sacrificio. Ce lo siamo messi in testa e abbiamo voluto, potuto e saputo farlo. Anche per quello ho cambiato il modo di giocare e credo che non per caso, con il talento e il sacrificio, siamo arrivati a tre traguardi importanti, vorrei dire storici. Questo grazie anche alla consapevolezza, di tutti, di essere una squadra davvero forte. Ma non bisogna mai, dico mai, smettere di convincersene. Non tutte le squadre sono uguali. Ho avuto la fortuna di giocare sette anni nel Madrid la cui struttura, per rigore e modernità, somiglia abbastanza a quella della Juventus. Ho giocato tre anni al Napoli e ringrazio per tutto quello che quella città mi ha dato. Ora ho avuto la fortuna di essere a Torino. E' stata una scelta più che giusta, perché volevo venire qui per arrivare ad un traguardo importante e ci siamo vicini, molto vicini. Siamo ad un passo dal concludere una stagione fantastica. Ma a un passo: non abbiamo vinto nulla. Dobbiamo saperlo e avere la determinazione necessaria per l'ultimo miglio della nostra corsa, cominciata in agosto. Allora volevamo, e un po' sognavamo, di vincere il campionato, la Coppa Italia e la Champions Leagye. Siamo ad un passo, però dobbiamo finire il lavoro di questa stagione fantastica".

SPOGLIATOIO - "Sinceramente è una bella squadra. Con i miei compagni si sta bene. Sono veri professionisti, lavorano. Non per caso siamo arrivati a tre traguardi così importanti. Stare a questo livello dipende dalla gente e anche dallo staff: spesso si ricorda solo chi va in televisione, ma contano molto, per l’ambiente, quelli che stanno fuori, che forse non si vedono, ma lavorano tanto e bene. Qui tutti danno il loro contributo e provano a farlo alla perfezione. Tutto il mondo può sbagliare, ma tutti provano a fare la perfezione. Tanto quelli che giocano, quanto quelli che sono fuori. Solo così si riesce a fare una stagione speciale come questa".

NAPOLI - "Ricordo meraviglioso. Non ho nulla da dire di Napoli. I compagni, lo staff, i magazzinieri, i fisioterapisti, gli amici. Ho lasciato un parte del mio cuore tra i tifosi. Ringrazierò sempre Napoli. Mi ha voluto quando ho deciso di andare via dal Real Madrid ed è stata l’unica squadra che è venuta a prendermi. La ringrazierò per tutta la vita. Tre anni meravigliosi lì, che non dimenticherò mai. Io penso che ci sarà tanta gente di Napoli che mi vuole bene per quello che ho fatto e tanta gente che mi vuole male. Ma non mi interessa. A me interessa quello che sono io, quello che ho fatto per quella squadra. Sono un professionista: ho fatto la scelta più giusta per me e i fatti, i risultati italiani e internazionali della Juventus quest'anno, hanno dimostrato che ho fatto bene. Sono una persona così, questo è il mio carattere".

SARRI - "Con lui ho avuto continuità. Ho fatto una stagione molto buona con lui. Sarri è stato uno degli allenatori che più mi ha dato fiducia e lui sa quanto gli voglio bene e quanto lo ringrazio. Lo devo dire perché lo sento, lui ha sempre belle parole per me. Infatti siamo d'accordo che continueremo ad avere un rapporto. Perché lui mi ha dato tanto".

ALLEGRI - "Ha vinto il campionato in altre squadre e lui è un allenatore che trasmette voglia di vincere. Anche lui quest'anno mi ha dato la fiducia necessaria per giocare al meglio. E mi ha cambiato un po', mi ha insegnato il modo non solo o non tanto di sacrificarmi di più, ma di migliorare tatticamente".

GLIK - "Non ho parole per il fallo che ha commesso. Una cosa senza senso, senza motivo, senza dignità. Tutto il mondo ha visto che lo ha fatto di proposito e non ha avuto l’onestà né in quel momento, né dopo la partita, di venire a chiedere scusa. Ma non mi è interessato nemmeno, perché non mi interessa lui. Mi dispiace per lui che mi voleva fare male e non ci è riuscito".

CARATTERE - "Sono trasparente, se sto bene lo vedi, se sto male lo vedi. Non mi piace avere due facce, ambedue finte, quindi tutto quello che esprimo forse, in fondo, è quello che mi ha detto mia madre: fare tutto con la massima passione. Per me la vita è la prima cosa, la salute è la prima cosa, dopo ovviamente viene il calcio. Se uno sta male con se stesso, tanto nel calcio che nella vita, probabilmente andrà male".

MENINGITE - "Non ho ricordi. Mia madre me lo ha raccontato pochi anni fa e ringrazio lei che ha fatto di tutto per permettermi di essere qui. Lei e mio padre hanno avuto la prontezza e l’intelligenza di curarmi subito, senza aspettare e grazie a loro sono qui. Anche per questo credo che la gente che ha avuto qualcosa di grave nella sua vita ha più profondità e, in fondo, dà più valore alla vita".

CARDIFF - "Sarà una sfida speciale e sarà una sfida contro una grandissima squadra come il Real Madrid che è abituata a giocare questo tipo di partite. Quindi è, per la mia concezione del calcio e della vita, una sfida molto piacevole. E noi speriamo di vincerla".