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Totti: “Spalletti ha spinto per il mio ritiro. E quel calcio a Balotelli…”

Totti (Getty Images)

"Se avessi chiuso la carriera in Asia o America avrei rovinato 25 anni di carriera"

Redazione ITASportPress

"Ancora non mi annoio. Le giornate sono quasi come quelle da calciatore", è un Francesco Totti a tuttotondo quello che si racconta in un'intervista al Venerdì di Repubblica. La leggenda della Roma ha trattato diversi argomenti che riguardano il suo recente passato da calciatore, dal ritiro ad alcuni particolari della sua nuova vita da dirigente.

DIRIGENTE - "Ancora non mi annoio. Le giornate sono quasi come quelle da calciatore. Mi sveglio, porto i figli a scuola, poi vado a Trigoria, sto col mister, la squadra, seguo tutti gli allenamenti. Dopo pranzo torno e mi dedico ai ragazzi". "Ora devo mediare tra calciatori e società? I giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene, conosco il loro linguaggio segreto fatto d'occhiate, mezze parole. Cerco di rendermi utile. Nello spogliatoio ora si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci niente. E si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua col telefonino a navigare o mandare messaggi".

RITIRO - Perché non hai chiuso giocando in Asia o America? "Perché avrei rovinato 25 anni di carriera. Ho sempre detto che avrei indossato un'unica maglia, sono uno di parola. Spalletti? È quello che ha spinto di più. Con la società erano una cosa sola".

RETROSCENA  - "Il Milan era pronto a versare 300 milioni per me quando avevo 12 anni? In quel caso il no fu della mia famiglia, soprattutto di mia madre. È vecchia maniera: apprensiva, possessiva. Papà lavorava fino a tardi. Era sempre lei a starmi dietro. Mi voleva tutto per sé". Molti punti alti della sua carriera, ma anche qualche ombra: "Il calcione a Balotelli? Arrivò dopo un crescendo. Erano anni che provocava, insultava me e i romani. Un continuo, poi la cosa è esplosa. Fu un fallo orrendo, proprio per fargli male. Ma dopo, stranamente, i giocatori dell'Inter non mi assalirono. Mentre uscivo dal campo per l'espulsione Maicon mi diede addirittura il cinque. La sensazione era che anche tra i suoi compagni Balotelli creasse qualche irritazione".

ROMA - "Io non volevo i campioni in squadra? Discorsi da bar. Se i campioni non arrivavano era per limiti di budget, mica per scelta mia. Ho sempre voluto vincere e non veder vincere". "Se ho rosicato la notte del 3-0 al Barcellona perché non ero in campo? Qualsiasi cosa faccia c'è sempre qualche critica. Io so cosa provo e non ho niente da dimostrare. È vero, al primo gol non ho esultato, ma perché non avevamo ancora portato a casa la partita. Al secondo mi sono alzato in piedi ed al terzo ho preso in braccio mio figlio Cristian. Quelli che criticano non mi hanno visto?". "Capello? Quando parli con lui hai sempre torto. Sa tanto, ma l'ultima parola deve essere sempre la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano. È cocciuto, perfezionista. Un maniaco".