Lunga intervista rilasciata ai taccuini de La Repubblica da Massimo Oddo; ecco quanto dichiarato dall'allenatore dell'Udinese:
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Udinese, Oddo: “Volevo fare il dirigente. Italia? Contento che non sia al Mondiale”
Lunga intervista rilasciata dall'allenatore dei friulani ai taccuini de La Repubblica
AMBIENTE - "Non manca nulla: strutture al top, campi perfetti, personale qualificato. Il resto dipenderà dai giocatori, dallo staff e da me".
RETROSCENA - "Volevo fare il dirigente di alto livello: alla Marotta o alla Galliani. Quando ho smesso di giocare nel 2012, ho fatto tutti i corsi possibili: direttore sportivo, patentini da allenatore. L'obiettivo era chiaro, ma ho trovato un muro. Il mio nome rendeva tutto più difficile. Chiedevo solo di imparare un nuovo mestiere: non ho trovato nessuno che me lo insegnasse".
SECCHIONE - "Studiare non serve a fare carriera nel calcio, ma apre la mente. Io l’ho sempre fatto, mentre giocavo. A giurisprudenza ho dato undici esami. Mi sono arenato un po' a Napoli, quand'ero iscritto a Parma. A 27 anni ho ripreso, scienze manageriali ed economiche a Teramo. Mi sono laureato mentre smettevo al Lecce: 108, ho sempre preso bei voti. Donnarumma che ha rinunciato alla maturità per Ibiza? Ho pensato male: finire gli studi è uno step da salire, se puoi. Non vuol dire che chi studia sia più intelligente, puoi farti una cultura anche leggendo per conto tuo. Ma è una soddisfazione, un traguardo. Tempo ne hai: ti alleni due ore al giorno. È questione di voglia, di passione per un obiettivo".
RADICI - "La passione spesso te la trasmette la famiglia. Da piccolo mia mamma mi portava alle partite di papà. Il figlio di un dentista è più probabile che faccia il mestiere del padre".
ALTRO CHE SPORT... - "Oggi il calcio è più business che gioco. Da bambino i miei idoli erano i più bravi: Baresi, Maldini, van Basten. Oggi spesso è un idolo chi fa parlare di sé fuori dal campo, per l’acconciatura o il gossip. Le regole i ragazzi se le devono dare da soli con la loro intelligenza. I social network a volte sono trappole: è appena capitato a Nainggolan. Vanno usati bene. La fama può veicolare comunicazione diversa dal tornaconto personale. Si può provare a fare del bene".
ITALIA - "La Nazionale fuori dal Mondiale è una delusione enorme, ma da un certo punto di vista ne sono stato contento, per il bene del calcio italiano. La più grande sconfitta fu la vittoria del 2006: il calcio italiano si sentì il più forte e non avvertì l’esigenza di cambiare, mentre gli sconfitti imboccavano una nuova strada. Spero che si possa ripartire dalla batosta con idee nuove. Chi arriva può avere anche 70 anni, l’importante è che sia nuovo davvero. Serve un blocco unico: chi ha fatto il calciatore, insieme a grandi manager. Una persona sola non basta. Tommasi e Albertini, ad esempio, sono in gambissima, ma ci vuole un lavoro collegiale: è come il sindaco, gli serve la giunta".
SCOPERTA - "Torreira a Pescara. Allenavo la Primavera e i dirigenti mi dissero: tienilo un po’ e vedi, se no lo rimandiamo in Uruguay. Io vidi in lui intelligenza calcistica, personalità, fisico, però voleva sempre il pallone sui piedi. Allora gli ho detto: perché non fai il play invece del trequartista? In prima squadra l’ho subito messo lì e ora è quello che vedete".
COSMI - "Ho trovato strana la risonanza del gesto dell'abbraccio dopo la gara di Trapani. Io vado sempre dal collega a stringergli la mano, a fine partita. Mi misi nei panni di chi, dopo un magnifico campionato, aveva perso all'ultimo. Io ci ero appena passato, l’anno prima. E non mi aveva consolato nessuno".
"Pescara, Oddo sfida Zampano con una gamba sola... e vince!
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