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Lucarelli: “Essere comunista nel calcio non è un vantaggio, Italia paese di destra”

Le parole del tecnico del Messina ai microfoni di So Foot

Redazione ITASportPress

Ai microfoni di So Foot, il tecnico del Messina, Cristiano Lucarelli, parla del suo rapporto con il mondo del calcio e soprattutto con la politica: "Ho avuto la fortuna di essere allenato da grandi maestri. Mi ispiro soprattutto a Mazzarri, voglio che la mia squadra abbia una mentalità offensiva ma sia anche organizzata. La situazione del Messina era ed è deficitaria, non avevamo nemmeno i campi per allenarci e abbiamo protestato contro la società, che infatti è stata venduta. In Italia le persone sono spesso portate a credere che i calciatori vadano tutti in Ferrari, ma in Lega Pro la maggior parte ha uno stipendio normale, 1300/1400 euro al mese. E non tutti sono sempre pagati in tempo".

L’ex centravanti di Livorno e Napoli, ora allenatore, non ha fatto mai mistero delle sue simpatie comuniste: "Essere comunista, nel calcio, non è un vantaggio. Per me di certo non lo è stato. Ma io sono così, e non sono neanche un attivista. Ho le mie idee, e questo è tutto. Nel calcio c’è sempre qualcuno che è interessato a quello che succede fuori dal campo. Questo è anormale. Essere normali, nel calcio, è anormale. Da questo punto di vista, non siamo un paese sviluppato mentalmente. O meglio, non lo siamo tanto da affrontare questo tipo di problemi in relazione al calcio. Ci siamo io e Zampagna, dichiaratamente a sinistra, ma ce ne sono tanti altri che preferiscono non esporsi per paura di essere penalizzati durante la loro carriera. L’Italia è un paese tradizionalmente di destra, anche se la Resistenza occupa una parte significativa della nostra storia. Le sfilate dei nazifascisti il 25 aprile? Io credo che tutti debbano vivere secondo i loro ideali, senza però offendere la sensibilità delle persone. È molto triste, certo, sarebbe meglio non toccare la memoria e la coscienza altrui"