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Juventus, Bernardeschi choc: “A 16 anni rischiai di smettere perché…”

"Mi sono tatuato il numero di Astori per averlo sempre con me"

Redazione ITASportPress

Interessante intervista rilasciata al The Player's Tribune da parte dell'esterno d'attacco della JuventusFederico Bernardeschi. Il classe ha ripercorso le principali tappe della sua carriera ad iniziare dalle giovanili della Fiorentina dove, prima di entrare nell'Olimpo dei grandi, rischiò addirittura di dover appendere le scarpette al chiodo per un problema di salute.

PAURA - Bernardeschi si racconta e parte da quando era molto piccolo: "Quando avevo 16 anni stavo per entrare nella Primavera della Fiorentina e durante un controllo fisico di routine lo staff medico mi trovò un problema. Svolsi degli accertamenti scoprendo che il mio cuore era allargato. I dottori mi dissero di non sapere se sarei stato in grado di giocare ancora a calcio. Non ci potevo credere. Mi sono dovuto fermare per sei mesi e sono stati i sei mesi più difficili della mia vita. Vivevo da solo a Firenze e non avevo niente da fare. Alla fine, con alcuni cambiamenti dietetici e una medicina, riuscii a superare il problema. Questo momento mi ha reso sicuramente più consapevole della fragilità del mio viaggio, facendomi godere maggiormente i miei successi".

SVOLTA - Una volta superato il problema, poi, Bernardeschi iniziò a muovere i primi passi nel mondo del calcio che conta. Alla Fiorentina ha avuto un aiuto speciale: Paulo Sousa: "Mi diede subito dei consigli, ha segnato la mia esperienza alla Fiorentina. Il mister mi disse che ero un talento incredibile e che il mio carattere aveva superato le mie qualità. Ma anche che per diventare un campione avrei dovuto investire su me stesso, lavorando per vincere dentro e fuori dal campo. Non me lo dimenticherò mai".

ASTORI - E a proposito di Fiorentina, impossibile non parlare del compianto Davide Astori: "Ogni volta che facevo un gol alla Fiorentina ricevevo una mail del nostro fotografo per pubblicarla sui social. Il primo ad abbracciarmi era sempre Davide. Era uno di quei ragazzi nati per essere leader. Ho pensato a lui molte volte durante il mio trasferimento alla Juventus nell’estate 2017. Gli ho parlato prima di andarmene da Firenze, lui ha capito, ma non è stato facile. Alcune settimane dopo la sua morte, mi sono tatuato il suo numero accanto all'Ave Maria. Ora, ovunque io vada, lui è con me, protetto per sempre".