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NBA, sarà lotta a due per il titolo?

Mentre ci avviciniamo all'All-Star Game NBA, sembrano esserci solo due candidate credibili per il titolo: i Golden State Warriors e i San Antonio Spurs.

Emanuele Costa

Al di là dell'oceano Atlantico, in quel pazzo mondo chiamato NBA, ci avviciniamo all'All-Star Game di Toronto, che si svolgerà a metà febbraio e che solitamente segna uno spartiacque nella stagione: ciò che succede prima, e ciò che succede dopo l'ASG si classificano quasi come due sport diversi.

Eppure, già da questi primi mesi di regular season emergono segnali fort riguardo ai possibili campioni NBA: tutte le squadre hanno infatti superato le 41 partite stagionali, ovvero la metà aritmetica della stagione. Ne consegue che sembra quasi naturale iniziare a tirare qualche somma, anche considerando - come già detto - l'evoluzione che ogni team subirà nei prossimi mesi. La prima conclusione è che i candidati al titolo sembrano essere, essenzialmente, due, e - novità - entrambi vengono da Ovest. La Western Conference dell'NBA è infatti negli ultimi anni sempre più ricca di talento rispetto alla costa orientale, e i Golden State Warriors - insieme ai San Antonio Spurs - ne sono la prova vivente.

I Warriors di Steve Kerr e Luke Walton, infatti, giocano una pallacanestro contraria ad ogni "regola", fatta di catch and shoot, di tiri "sbagliati" (nel senso di tiri fuori posizione o non costruiti correttamente), che però grazie allo straordinario talento delle sue guardie - Steph Curry, reigning MVP dell'NBA, e Klay Thompson - continuano ad andare dentro. Anche la crescita esponenziale di un elemento fondamentale come Draymond Green, insieme alla mantenuta solidità di un roster che schiera da sesto uomo Andre Iguodala, non possono che confermare la qualità sopraffina dei Warriors. Se a questo si aggiunge che le loro statistiche recitano al momento 39 partite vinte e 4 perse, e che per arrivare a superare il record dei Chicago Bulls di Michael Jordan (la squadra più vincente della storia dell'NBA, con 72 vittorie e 10 sconfitte), Curry e compagni dovrebbero "solo" mantenere questo livello fino alla fine della regular season, non si può che avere timore di una squadra divertente e letale.

Altrettanto divertenti e letali, però, sono gli Spurs di Gregg Popovich ed Ettore Messina: i texani si sono presentati con una profonda ristrutturazione all'inizio di questa stagione, avendo ingaggiato il free-agent LaMarcus Aldridge, che ha aggiunto centrimetri e intensità ad una front-line un po' attempata. La crescita - anche qui esponenziale - di un futuro leader come Kawhi Leonard, e il comportamento ineccepibile del supporting cast, oltre allo "scontato" trio di veterani Duncan-Ginobili-Parker, mettono sicuramente gli Spurs nella posizione di principale contender al titolo di Golden State. Il record dice 37-6, non troppo lontano da quello dei californiani, e le stagioni dei neroargento sono note per iniziare a decollare proprio dopo l'All-Star Game.

A Est, invece, quella che l'anno scorso era stata la concorrente principale per il titolo, ovvero i Cleveland Cavaliers di LeBron James, sembrano aver fatto un percorso da gamberi, andando indietro sul piano del gioco e dell'organizzazione. I "big three" (oltre a LBJ, la franchigia punta su Kevin Love e Kyrie Irving) non si sono integrati alla perfezione, e nei tre match disputati finora contro le altre due contenders i Cavs le hanno "prese", venendo sconfitti due volte da Golden State e una da San Antonio, senza riuscire a vincerne nemmeno una, e - quel che è peggio - senza sembrare avversari temibili davvero.

Ovviamente la stagione NBA è ancora lunga, lunghissima (40 partite più i playoff), ma se nulla dovesse cambiare questa sarebbe la situazione al momento del titolo: una finale di Conference a Ovest per assegnare l'anello, LeBron permettendo.