Povero Roger Federer. Lo davano per finito già nel 2011, quando invece vinse in extremis il sesto Masters. Lo davano per finito nel 2012, quando rialzò perentoriamente la testa firmando a Wimbledon il diciassettesimo Slam-record e cedendo in finale a Murray la medaglia d’oro di singolare olimpica sulla stessa erba sacra dello sport, qualificandosi poi al Masters ed arrendendosi solo a Djokovic, e soltanto sotto il traguardo, dopo essere tornato addirittura al numero 1 del mondo. Lo hanno dato per finito tante altre volte, contando solo sulle statistiche, senza valutare fattori astratti, ma solidissimi come orgoglio, talento e volontà. Figurati adesso che il suo fisico da atleta naturale scricchiola paurosamente senza tregua, aggiungendo il crack al ginocchio sinistro a quelli abituali alla schiena, e costringendolo ad alzare bandiera bianca proprio alla vigilia dell’Olimpiade di Rio. Quella a lungo pianificata come boa decisiva della carriera, come hanno fatto anche le sorellone Williams e Rafa Nadal, i campioni simbolo degli ultimi quindici anni. Quella dell’ultimo sogno, l’oro individuale al Giochi, di un carriera altrimenti perfetta.
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Tennis, Federer non andrà a Rio
L’annuncio su Facebook, sfuma il sogno dell’oro olimpico in singolare che ancora gli manca. Rientro nel 2017: in che condizioni?
Proprio per tagliare i ponti con le pressioni, Roger il Magnifico ha dichiarato che si fermerà per tutto il 2016 per ripartire più forte nel 2017. Aumentando a dismisura i peana che accompagnano la sua fine agonistica, e fornendo nuovi elementi ai cacciatori di numeri: come tornerà dopo 5 mesi di stop dalle gare? saprà diventare di nuovo competitivo a dispetto della classifica che lo allontanerà dai primi 15, come non gli succedeva dal 2001? I due soli numeri che contano, sono 35, come gli anni che RogerExpress compirà l’8 agosto, e 13, come le stagioni ATP Tour ad altissimo livello che lo svizzero delle meraviglie ha disputato senza sosta, mandando in pensione i rivali diretti. Perché il suo avversario vero è solo il Tempo, il tiranno della vita e dello sport, che gli presenta inesorabilmente il conto. Come suggerisce John McEnroe, bypassato da atleta dal tennis di potenza e ora fra i primi ad accorrere al capezzale del grande Federer: “Non avete idea che cosa vuol dire venire a patti col proprio fisico, recuperare in tempi diversi, non sapere come ti sveglierai domani, magari dopo la bella partita di oggi”.
Proprio l’esempio di SuperMac, che nel 1986 si prese 8 mesi sabbatici, ma poi non tornò più ai suoi livelli di eccellenza, dovrebbero convincere Roger ad accelerare i tempi di rientro alle gare. Potrebbe fare un paio di puntate sul circuito indoor europeo, ad ottobre, compresa la passerella nella sua Basilea. Giusto per saggiare l’atmosfera e testare il fisico, e poi rimettersi al lavoro in vista della campagna d’Australia, a gennaio. Così i cacciatori di numeri avranno altre statistiche da snocciolare e altri dati da rintracciare sul web. A noi, invece - al di là di inutili numeri di classifica che sarà o che potrebbe diventare, al di là di wild card che otterrebbe ovunque - piacerebbe tanto raccontare un altro miracolo sportivo, l’ennesimo, di un campione che supera anche il Tempo, quello con la T maiuscola, dopo averlo fatto continuamente, sul campo da tennis, imponendo il suo ritmo inedito, come solo i più grandi musicisti hanno saputo fare. Anche quelli della metrica sono numeri, d’accordo, ma scaturiscono da passione e sentimento, e diventano melodia unica, indimenticabile. Qualcosa di impalpabile e indecifrabile che va al di là della parola ritiro - comunque inevitabile, comunque sempre più vicino anche per Federer - ma l’ha già reso immortale.
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