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Adama Traoré si racconta: “Mi volevano in una banda. Ho visto pistole e coltelli ma ho sempre voluto giocare a calcio…”

Adama Traoré (getty images)

"La mia forza fisica? La velocità è sempre stata una mia qualità ma quando mi fermavo rischiavo di farmi male. Ecco perché ho dovuto rinforzarmi"

Redazione ITASportPress

Lunga e interessante intervista rilasciata da Adama Traoré ai microfoni di Sport. Il calciatore del Wolverhampton si è raccontato dal principio. Dall'infanzia difficile vissuta in Spagna in un quartiere caratterizzato da una vasta molteplicità di etnie e bande locali, fino alla grande volontà sua e dei familiari di voler entrare a far parte del mondo del calcio, vero sogno nel cassetto poi realizzato non nel Barcellona, squadra in cui è cresciuto, ma in Inghilterra dove adesso esalta i tifosi dei Wolves.

INFANZIA - "Sono nato a Barcellona, vicino al Camp Nou. Ho vissuto gran parte della mia infanzia in una parte dell'Hospitalet chiamata Florida Blocks. Era una piccola zona dove viveno zingari e stranieri. Una volta abbiamo fatto un torneo di calcio e tutti volevano giocare contro me e mio fratello. La gente ci faceva i complimenti. L'ambiente era duro, ma io pensavo solo al calcio e la mia famiglia voleva aiutarmi a realizzare questo. C'erano tante bande locali e molti problemi. Ho visto pistole, coltelli e lotte, ma la mia testa era focalizzata al calcio. Il calcio univa tutto e tutti. Ora è tutto cambiato e la zona è decisamente migliorata", ha raccontato Adama Traoré.

CALCIO - "Il Barcellona? Ho avuto dei problemi al Barcellona che vorrei tenere per me. Era il club che amavo e non me ne sono andato nel migliore dei modi. Ripeto, amavo il Barcellona ma non mi ha dato l'opportunità che speravo e per questo dovevo andare via. Adesso non avrei problemi ad andare al Real Madrid. Barcellona è la mia casa, ma la mia mentalità è quella di essere il migliore giorno dopo giorno". E sulla sua forza fisica: "Mi cacciano dalle palestre perché mi alleno come Cristiano Ronaldo? Da bambino avevo già la virtù di essere molto veloce, ma al momento della frenata soffrivo molto a livello muscolare. Mi veniva la pubalgia, o la tendinite e dovevo lavorare in modo che i miei muscoli potessero sostenere il mio modo di giocare. Ho iniziato a fare lavori specifici. Niente pesi, so che le persone non mi credono. Faccio palestra, ma non come pensa la gente. Un lavoro normale. Quando torno dove sono cresciuto mi chiedono sempre come ho fatto a cambiare fisicamente e io rispondo che il calcio inglese mi ha aiutato".