Gian Piero Gasperini, tecnico dell'Atalanta, ha rilasciato una lunga intervista ai microfoni di Wyscout Blog; ecco i passaggi più significativi: "Come si inizia la carriera di allenatore? Si può iniziare dal settore giovanile, da una prima squadra, si può iniziare da categorie basse o alte. La storia degli allenatori è molto varia: chi ha avuto la strada spianata, chi ha dovuto fare molti giri per arrivare. Per me, il settore giovanile è stata una bella palestra. È importante anche tenere a mente che l’allenatore non c’entra niente col giocatore. Non è detto che chi ha giocato possa allenare, non è un passaggio così immediato. È tutto un altro mestiere, con delle problematiche diverse. Alla base ci dev’essere una predisposizione caratteriale a voler trasmettere qualcosa. All’inizio non pensavo di fare l’allenatore. Volevo continuare a fare calcio, sì, ma ero felice di allenare le giovanili per trasmettere la mia esperienza. Il mio pensiero non era però quello di aver a che fare i professionisti. È un qualcosa che è maturato con gli anni. La mia ambizione era educativa, legata alla mia passione per il calcio, ma era anche un modo per mettere alla prova me stesso".
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Atalanta, Gasperini: “Non pensavo di fare l’allenatore. Il settore giovanile è stata una bella palestra”
"La mia ambizione era educativa, legata alla mia passione per il calcio, ma era anche un modo per mettere alla prova me stesso"
METODO - "Ci sono esempi di tecnici vincenti con metodi molto diversi tra loro: chi allena molto sul campo, chi punta su altri aspetti. La cosa importante è riuscire a stabilire un transfer, un qualcosa che risulta sul campo, perché alla fine tutto si misura con un unico fattore: il risultato, che determina se un allenatore è bravo o meno. Anche se io non la penso proprio così, ritengo che il miglior successo sia ottenere il proprio obiettivo, che non è solo vincere lo scudetto, ma trasmettere qualcosa, creare un ambiente positivo attorno alla squadra. Il risultato non è necessariamente la vittoria, ma il massimo dei tuoi obiettivi: la crescita. Bisogna puntare obiettivi possibili, né troppo alti né troppo facili, altrimenti si corre il rischio di essere sempre delusi. È molto bello per noi amanti del calcio la sensazione di allenarsi con soddisfazione, dev’essere qualcosa che non ti pesa. La fatica stessa può essere una soddisfazione. È molto importante creare un clima di squadra".
STRATEGIA - "Imporre il proprio gioco o adattarsi all'avversario? Anche questa è una caratteristica. Dipende da molti fattori: dall’avversario, dai tuoi giocatori, dal risultato, se ti soddisfa o meno. Ti accontenti del pareggio? Vuoi vincere? Vinci, ma come pensi di mantenere il vantaggio? Quante volte mi è capitato di voler fare una sostituzione per cambiare qualcosa perché la squadra era in difficoltà e ho preso gol prima che la palla andasse fuori. Poi non so se facendo il cambio, non avrei incassato quel gol. Ma capita anche questo. È comunque esperienza. Io dico che il prossimo step sarà riuscire a controllare delle energie che ora non sappiamo contenere. Facciamo un esempio con l’Atalanta…".
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