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IL COMMENTO

De Zerbi: “Sono un allenatore col 10 sulle spalle. Miei giocatori non sono soldati”

De Zerbi

"Il calcio non è tennis, ci sono undici persone che hanno bisogno di un altro per coordinarle". Parla il mister del club ucraino

Redazione ITASportPress

Lunga intervista a El Pais da parte di Roberto De Zerbi, tecnico dello Shakhtar Donetsk ed ex Sassuolo. Il mister ha parlato della sua filosofia di calcio e in generale dell'evoluzione del mondo del pallone negli ultimi anni facendo un parallelo tra i tempi in cui lui era giocatore e l'attualità.

NUMERO 10 - "Io ero un numero 10 mediocre, cerco di esserlo come allenatore", ha detto De Zerbi. "Il calcio non è tennis, ci sono undici persone che hanno bisogno di un altro per coordinarle. La scelta del gioco, del passaggio, del dribbling, del tiro, dell’occupazione di una posizione a discapito di un’altra, voglio che corrispondano al cento per cento ai calciatori. Nel calcio di oggi c’è molto meno coraggio e molta meno personalità rispetto a vent’anni fa. Siamo arrivati a questo punto anche grazie agli allenatori che hanno voluto dei soldati".

GIOCATORI - E proprio la parola soldati, De Zerbi non vuole sentirla: "Io non voglio soldati. Quando per sistema non permetti libertà di scelta, pensiero e azione, nel tempo troverai più soldati e meno giocatori con personalità. Oggi viviamo in un’era di rinascita dei dieci. Ci sono tante squadre che cercano la qualità". E sulla scia di queste affermazioni: "Se mi rivedo nell'idea tipica del calcio italiano difesa e contropiede? No assolutamente no. Non mi rappresenta né mi diverte. Il divertimento è un aspetto determinante. Se non mi piace fare una cosa, preferisco non farla. Ora in Italia ci sono due scuole di pensiero: una tradizionale, che è giusto che rimanga, e poi un'altra che si è rivoltata contro certe cose del passato".

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