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LA FINALE

Doni gioca Atalanta-Juventus: “Dea favorita. Gasp è il Ferguson di Bergamo”

Cristiano Doni (getty images)

L'ex giocatore nerazzurro sulla finale di Coppa Italia tra bergamaschi e bianconeri e non solo

Redazione ITASportPress

Cristiano Doni, storico ex centrocampista offensivo dell'Atalanta, ha parlato al Corriere della Sera della finale di Coppa Italia di questa sera tra bergamaschi e Juventus (QUI LE INFO PER SEGUIRLA). Nelle parole dell'ex giocatore anche grandi complimenti per il lavoro di mister Gasperini, artefice della crescita esponenziale della Dea in questi ultimi anni.

LA FINALE - "L'Atalanta è passione. A Bergamo ho trovato tutto. Non ho mai avuto una squadra del cuore o una città di fatto mia. Papà, per lavoro, girava molto. Invece, oggi, quando mi chiedono di dove sono, rispondo convinto e orgoglioso: sono di Bergamo", ha esordito Doni da vero atalantino. Sulla finale di Coppa Italia: "Il paradosso è che ci arriviamo alla finale anche da favoriti. Sia chiaro, la Juventus ha davvero tanti campioni, e quindi può farti male in qualsiasi momento, però anche noi abbiamo raggiunto un livello tecnico e di personalità eccezionali. Siamo un club glorioso, con una storia meravigliosa, eppure abbiamo vinto solo una Coppa Italia, negli anni 60. C’è grande fermento in città, si respira un’aria elettrizzante, vedo fiducia fra i tifosi".

I MISTER - "Gasperini? Lui è la chiave di tutto. Gasp è già il Ferguson di Bergamo, e sarà un matrimonio ancora lunghissimo secondo me: credo che sia l’obiettivo suo e anche del club". "Alla Juve è in corso un massiccio cambio generazionale, e i giovani vanno aspettati, altrimenti non hanno senso certi investimenti. Pirlo? Lo conosco bene, è uomo di calcio a 360 gradi. Certo, è stato forse un azzardo affidargli subito una panchina tanto pesante, però è assurdo pensare che il mancato scudetto e l’eliminazione prematura in Champions siano soprattutto colpa sua".

FUTURO - Dalla gara della Dea fino al suo presente e futuro: "Mi vedevo dirigente a fine carriera, poi sono stato travolto da alcune vicende che tutti sapete. Durante l’inchiesta ho subìto titoli a caratteri cubitali, la mia assoluzione è invece passata quasi in sordina. Non sono stato uno stinco di santo, lo so bene, ma ho pagato molto di più rispetto ai fatti poi dimostrati. La ferita è stata tremenda, mi sono allontanato dal mio mondo, ho smesso di fidarmi di molta gente. Oggi fa meno male, ma la cicatrice è sempre lì, bella evidente".

 (Getty Images)
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