L'analisi

Crac calcio, sarà estate caldissima: 6 club a rischio fallimento

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Il sistema calcio ha bisogno subito di interventi e la riforma dei campionati non può più essere rinviata

Redazione ITASportPress

Il calcio professionistico in Italia è stato abituato a vivere al di sopra dei propri mezzi nel corso dell’era moderna, cioè nel trentennio cominciato con il primo boom dei diritti televisivi. La gestione in deficit è stata la regola di molti club, non l’eccezione. Nel 2021 l’effetto Covid ha aperto crateri enormi e la catastrofe economica ha assunto dimensioni impressionati. Sono venuti a mancare gli incassi da stadio, con una riduzione dei proventi da ogni settore e i club italiani sono finiti tutti al tappeto. Adesso siamo nel pieno di una profonda crisi di liquidità. Non ci sono soldi in cassa e i club professionistici ma anche dilettantistici non sanno come andare avanti. Poche le eccezioni in Italia, stanno meglio in Inghilterra, Germania e Spagna. 

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DAL PARMA AL CATANIA - Il sistema calcio è malato da tempo e i vertici federali ogni volta che un club porta i libri in tribunale dicono sempre che "non si ripeterà mai più". L’ultima volta che venne pronunciata questa frase scoppiò lo scandalo diesel gate che coinvolse l’azienda automobilistica tedesca Volkswagen; scoppiò lo scandalo FIFA che portò all’arresto di sette dirigenti e il presidente della Repubblica era ancora Giorgio Napolitano che proprio quell'anno si dimise. Era il 2015 e in quella stagione calcistica era appena saltato in aria il Parma. Dopo di allora sono fallite o hanno comunque mancato l’iscrizione al campionato prof successivo: Barletta, Grosseto, Real Vicenza, Reggina, Varese, Venezia, Martina Franca, Pavia, Rimini, Monza, Como, Latina, Mantova, Maceratese, Messina, Modena, Vicenza, Avellino, Cesena, Mestre, Bari, Reggiana, Juve Stabia, Fidelis Andria, Trapani, Siracusa, Albissola, Lucchese, Arzachena, Foggia, Akragas, Trapani, Campodarsego, Sicula Leonzio, Robur Siena, Livorno, Gozzano, Chievo, Carpi, Novara, Sambenedettese, Casertana e, nei giorni scorsi, il Catania. 

ECATOMBE SERIE C - Bene, anzi male, visto che secondo quanto appreso da Itasportpress sarà un’estate caldissima per il calcio con 6 club che rischiano grosso. Togliamo dalla nostra black list la Sampdoria che cerca acquirenti dopo la fine della gestione Ferrero ma la situazione non sembra complicata anche perchè è un club di Serie A. La posizione più delicata è quella della Reggina in Serie B. Il presidente Luca Gallo, è stato arrestato e posto ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta della procura di Roma. I reati ipotizzati dagli inquirenti sono autoriciclaggio e omesso versamento delle imposte. Eseguito un decreto di sequestro preventivo di beni per un valore di oltre 11 milioni di euro e quote sociali di 17 società. I tifosi calabresi hanno capito cosa sta per succedere e sono scesi in strada chiedendo di salvare la storia del club.  Ma la situazione più seria si registra in Serie C con ben 5 club vicinissimi al default. Non è corretto in questo momento fare i nomi delle società moribonde, ma possiamo dire che due club nella stagione appena conclusa hanno militato nel Girone C, uno nel Girone B e due nel Girone A. Sarà durissima per loro potersi iscrivere al campionato 2022/23. 

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RIFORME URGENTI - La Serie C la reggono i mecenati e senza l’intervento dei piccoli imprenditori che tengono in vita piccole realtà, la stragrande maggioranza delle squadre sarebbe già sparita. Ma l’ecatombe di società piccole e media ormai è inevitabile.  La C è un motore di socialità, riempie la vita di milioni di persone. Il pericolo è la deviazione, e non ci riferiamo soltanto ai ragazzi che senza pallone potrebbero imboccare strade sbagliate. Lo ripetiamo da tempo che la riforma dei campionati non può più essere rinviata. In Italia continuiamo a detenere il poco encomiabile record del numero di club pro: sono 100, nessuno in Europa ne ha tanti, persino la straricca e bulimica Inghilterra si ferma a 91, probabilmente troppi pure quelli. Bisogna darci un taglio o il numero dei club saltati rischia di aumentare a dismisura. Se risaliamo agli ultimi vent’anni i club falliti o che non si sono potuti iscrivere sono stati 139. Inevitabile, considerato che i costi della Serie C corrispondono al 163% dei ricavi. È evidente che la prima cosa da fare, da tempo, sarebbe ridurre il numero delle società professionistiche. Invece la riforma dei campionati resta chiusa in un cassetto di un ufficio elegante e lussuoso della capitale esattamente di via Allegri numero 14. 

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