SERIE B

Ascoli, Bucchi: “Ecco perchè ho scelto di venire qui”

Bucchi
L'intervista del tecnico dell'Ascoli alla Gazzetta dello Sport

Redazione ITASportPress

L'Ascoli del tecnico Cristian Bucchi si è ripresa dopo un inizio balbettante e le vittorie contro il Bari e il Cagliari hanno riportato tanto entusiasmo. Il tecnico ha parlato alla Gazzetta dello Sport ripercorrendo la sua carriera da allenatore: «A Sassuolo avevo sbagliato. Era la società giusta, ma con una squadra che aveva dato tutto e andava ringiovanita, cosa avvenuta l’anno dopo. Con un po’ di esperienza in più avrei fatto valutazioni diverse».

Avrebbe potuto recuperare in B tra Benevento ed Empoli.

«A Benevento abbiamo perso la semifinale playoff per 5’ maledetti, ma dopo una retrocessione c’era la sensazione di dover vincere a tutti i costi e la cosa non ci ha aiutato. Empoli è il mio grande cruccio: un progetto ideale, una squadra tutta nuova anche lì dopo una retrocessione, serviva tempo e non l’ho avuto, comunque è strano essere esonerati dopo 12 giornate pur essendo ai primi posti».

Quindi meglio fermarsi?

«In quei 20 mesi ma ho rifiutato proposte di A dal Crotone e dalla B perché non combaciavano con le mie idee. Non volevo sbagliare, ma non sono stato fermo. Ho collaborato con un fondo inglese per iniziare un percorso con loro a Lugano ed entrare in un circuito di altri club: ho studiato lingue e calcio straniero. Poi mi ha conquistato il progetto della Triestina, anche se era Serie C: se non fosse mancato il patron Biasin, avrei continuato volentieri. Peccato, ma quando mi ha chiamato l’Ascoli ho capito che questo era il posto ideale».

Perché?

«Perché ci sono le persone giuste. Dal patron Pulcinelli al d.s. Valentini c’è stima reciproca e così si lavora meglio. Non mi devo preoccupare di gestire i rapporti, posso pensare solo alla squadra. Ho capito tante cose».

Ossia?

«Conta lavorare con le persone giuste, che ti capiscono. Lavoro in team, non da uomo solo al comando. In passato mi preoccupavo di altro, per esempio di non far vedere i tatuaggi, che per un allenatore possono non essere il massimo... Adesso non mi importa, faccio l’allenatore e parlo soltanto con il mio lavoro».

Ad Ascoli quando giocava aveva lasciato bei ricordi: 19 gol e promosso in A nel 2005.

«Conoscevo bene l’ambiente, una piazza calda ed esigente che regala emozioni forti. La passione dei tifosi per me è un grande stimolo, altroché».

In questo non è cambiato.

«Ho ritrovato quella parte di me che si era un po’ smarrita dopo Empoli, mi sento più dentro la squadra a livello umano. Come se avessi cominciato ieri ad allenare, invece ho appena festeggiato le 100 panchine in B».

Sottil a maggio ha portato l’Ascoli ai playoff. E’ ripetibile?

«Un cammino straordinario, ma l’ambizione va coltivata con intelligenza: visto il livello di questa B? Ripetersi non è facile, ma con umiltà ci proviamo. Sapendo che se diventi carino e simpatico ti battono tutti».

Lei nel 2006 è stato capocannoniere in B con il Modena: chi lo diventa quest’anno?

«A bruciapelo dico Coda, l’ho avuto a Benevento, è il top. Ma ce ne sono tanti, veterani e no. Anche nell’Ascoli, certamente».

Magari Dionisi. Come si gestisce un talento di 36 anni?

«Bisogna solo osservarlo, non è un problema. Un grande leader, non sbaglia mai nei modi, è un esempio, e noi seguiamo le sue sensazioni: visto il gol a Bari? Non è normale per la sua età».

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