In carriera ha vinto tutto, soprattutto quel magico anno con la maglia nerazzurra con cui ha segnato la storia del club siglando il Triplete. Thiago Motta, ex centrocampista, ora è diventato allenatore e si racconta a La Gazzetta dello Sport nella nuova veste da tecnico, soffermandosi sul calcio moderno e, ovviamente, sulle vicende della Serie A.
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Thiago Motta: “L’Inter fermerà la Juventus in campionato. E su Ancelotti…”
"Lui è sempre positivo, disponibile, sereno. Non pone barriere, sa far sentire tutti importanti"
RITIRO - "Smettere di giocare è la cosa più difficile al mondo per un calciatore. Ma io sono stato fortunato, perché appena chiusa la carriera sono andato subito a Coverciano e poi ho iniziato ad allenare. Non ho avuto il tempo di pensare. Mi avevano avvertito tanti ex compagni: "Thiago il primo anno è un incubo. Non sai che fare, ti manca tutto"".
DA ALLENATORE - "Come deve essere la mia squadra? Offensiva, d’attacco. Una squadra corta, che imponga il gioco, pressi alta, sappia muoversi insieme, con e senza palla, affinché ogni giocatore abbia sempre tre-quattro soluzioni e un paio di compagni vicino pronti ad aiutarlo. Puoi essere super offensivo con il 5-3-2 e difensivo con il 4-3-3. Dipende dalle qualità degli uomini e dall’atteggiamento. Ho visto un fenomeno come Eto’o fare anche il terzino, dando un esempio che fu il segreto dell’Inter del Triplete".
A PROPOSITO DI TECNICI - "Chi è oggi l'allenatore migliore? Guardiola, è il re del gioco. Ma ammiro molto Zidane. Mentre tra quelli che mi hanno allenato Ancelotti è stato il top". E proprio con l'allenatore del Napoli, Thiago Motta ricorda il primo incontro ai tempi di Parigi: "Arrivai direttamente dalla Pinetina al centro sportivo del Psg, vestito con quello che avevo: un paio di pantaloni con il cavallo basso, alla turca, che andavano di moda all’epoca. Carlo mi vede, e fa: "Hai firmato?" Io: "Sì mister". E lui: "Allora adesso ce li hai i soldi per comprarti un paio di pantaloni decenti?". Lui è sempre positivo, disponibile, sereno. Non pone barriere, sa far sentire tutti importanti. Quando mette uno fuori è il primo a essere dispiaciuto e pensa subito al suo recupero. Ma quando Carlo si arrabbia crollano i muri... Una volta contro l’Evian... No, non posso raccontarlo. Ma chiedete a Ibra...".
MOURINHO - "Un vincente. Nel senso che lui in testa ha solo un obiettivo: vincere. Non gli interessa lo spettacolo. Mourinho ha due facce: una felice quando vince, una arrabbiata quando perde. Il suo umore cambia in base al risultato".
CHAMPIONS E SERIE A - "Chi la favorita in Champions? Cinque squadre: il Barcellona, il Real di Solari, il City che è la squadra che gioca meglio, il Psg e poi la Juve di Ronaldo. In finale la Juve c’era già arrivata. Gli serviva il giocatore che le finali le decide e le fa vincere. Lo ha preso". E sulla Serie A, aggiunge: "La Juve non deve diventare una scusa per le altre: non vincerà per sempre. Nessuno lo fa. Smetterà. E credo che sarà l’Inter a interrompere questa monarchia".
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