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Catania, Canuti a ISP: “Vi svelo aneddoti su Massimino e quella volta a San Siro…”

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Tante storie rossazzurre raccontate da Canuti a Itasportpress

Redazione ITASportPress

Nazzareno Canuti, ex difensore dell’Inter campione d’Italia nel 1980, fu il colpo  di mercato del presidente del Catania Angelo Massimino nell’estate del 1985. Canuti ai microfoni di Itasportpress ha raccontato alcuni aneddoti sul presidente e su quel Catania 85/86 che concluse il campionato di Serie B all’undicesimo posto.

Canuti è rimasto legato al Catania?

"Certo, quando posso vedo anche le partite in tv, ma francamente la situazione attuale è deprimente. Il Catania Calcio era sacro per il presidentissimo Angelo Massimino che non avrebbe mai offuscato l'immagine del club. Ci ha rimesso la vita per il Catania e immagino che avrebbe venduto i suoi immobili per salvare il club dal fallimento. Dopo di lui il vuoto a Catania, a parte gli 8 anni di Serie A parentesi che si è conclusa male come tutti sapete".   

Che ricordi ha del presidentissimo?

"Tantissimi durante i miei tre anni in maglia rossazzurra".

Ce ne racconti qualcuno...

“Coppa Italia, noi a Milano contro l’Inter il 26 agosto del 1987. Alla fine del primo tempo avanti noi per 1-0 grazie a un rigore trasformato da Garzieri dopo un fallo di mano di Baresi. Nell’intervallo entrò nel nostro spogliatoio il presidente Massimino felice per il risultato ma poi abbassò gli occhi e ci invitò a non tornare in campo per il secondo tempo”. 

Sicuramente scherzava...

“Un pò sì, ma era anche serio. Lui mi chiamava “sceriffo” per la mia statura da corazziere. Ricordo che ci chiamò a tutti mettendo da parte mister Jaconi che stava dando suggerimenti tattici e poi esclamò: “Signori la partita è finita qui, abbiamo vinto 1-0 contro l'Inter. Andiamocene a casa”. Aveva ragione (ride...) dovevamo andare via, nel secondo tempo l’Inter ci fece 4 reti con tripletta di Altobelli e gol di Passarella. 

Aveva un bel rapporto con Massimino?

Massimino mi voleva bene e spesso mi affidava suo nipote “Affio” come lo chiamava lui. Lo faceva allenare con noi e mi chiamava prima della seduta e mi diceva: “Sceriffo, controlla “Affio” e dimmi comu joca”. Poi c’è un altro aneddoto che credo molti conoscono”. 

Il prosciutto?

“Esattamente. Prima trasferta di campionato a Bologna e ritiro a Imola. Ci portarono un antipasto  con tartine al salmone. Massimino si avvicinò a me e disse: “Sceriffo, questo prosciutto è buono ma sa di pesce”. Una battuta divertente che fece ridere tutti i miei compagni seduti al mio tavolo”. 

Come si sviluppò la trattativa col Catania nell'estate del 1985?

“Non volevo rimanere al Genoa dopo l’arrivo del dg Sandro Mazzola, voluto dal neo presidente Aldo Spinelli. Così un giorno andai in Federazione a Milano e seppi da alcuni dirigenti che Massimino mi voleva. Il Genoa mi doveva ancora due mensilità e l'operazione si complicò. Il presidente etneo abilmente sbloccò la situazione: mi fece un assegno pagandomi gli stipendi e poi si mise d'accordo con Spinelli defalcando la somma dai 300 milioni di lire dati al club ligure”.

A Catania si è trovato bene?

“Da Dio. Mi ricordo le belle passeggiate la sera in via Etna. Amavo le granite ma d’estate, visto che faceva caldo, andavo in via Umberto al chiosco. Ero pazzo per il selz limone e sale e mandarino e limone". 

Vero che il mister Bruno Pace vi fece allenare sulla pietra lavica di Aci Castello…

“Si è vero, Pace volle farci allenare sotto il castello per staccare dalla solita seduta sul campo in erba. Con il mister ho avuto un ottimo rapporto e mi considerava il suo vice in campo. Aci Castello mi è rimasta nel cuore visto che abitavo lì. Si pranzava al ristorante "Al Castello" e poi ho anche un bel ricordo del signor Stagnitta titolare di un panificio di via Savoia. La prima volta che entrai per comprare il pane mi disse: “I calciatori del Catania qui non pagano”.  Una brava persona. Catania mi è rimasta nel cuore così come i tifosi passionali e innamorati della squadra. Spero di tornarci presto". 

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