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Rubrica Allegra

Catania, il tifo tra ‘fallimentaristi’ e ‘catanisti’

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La rubrica sul Calcio Catania curata da Luca Allegra

Redazione ITASportPress

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IL CAFFE' SCORRETTO DI LUCA ALLEGRA

 

Conversavo qualche giorno addietro con un conoscente di antica militanza di stadio - come me - intorno alle sorti del Catania manifestandogli tutti i miei timori sia per le gravi condizioni finanziarie del sodalizio etneo che relativamente alla non tramontata ipotesi di default.

Il mio interlocutore, sin lì amabilmente cortese, si ingaglioffiva improvvisamente esternandomi con incrollabile certezza il suo ottimismo sull’immediato futuro della squadra e sulla prosecuzione della stagione

Appellandomi, per di più, quale disfattista.

Una plastica rappresentazione, il racconto di cui sopra, della netta dicotomia oggi presente in seno ai sostenitori etnei : da un lato i cosiddetti “fallimentaristi”, dall’altro i “catanisti”

I primi sono ritenuti quanti auspicano una palingenesi societaria che passi per l’azzeramento del Catania 1946 strozzato da una mole debitoria insostenibile in serie C, spazzando dal tavolo la barbosa questione della matricola e propugnando la nascita di una nuova ragione sociale che possa far germinare un’espressione calcistico-societaria finanziariamente vergine in città con in sella -auspicabilmente- una proprietà non autoctona.

Che gli imprenditori locali attualmente operativi hanno dimostrato, e stanno dimostrando, il poco che sono in grado di fare.

Ho fatto mio il sostantivo “fallimentarista” sentendomelo affibbiare da un noto capo ultrà che nel corso di un dibattito sulle mie pagine social me lo ha scagliato contro non ritenendomi degno di discutere con lui di Catania.

Proprio il mondo al contrario.

I catanisti (nulla a che vedere con il nome della seguita trasmissione radiofonica cittadina) sono invece i difensori strenui del codice numerico 11700 che identifica il Catania sulle carte federali. Gli estremisti ideologizzati che non vogliono sentire parlare di niente che non sia la “storia” infischiandosene della categoria e dei risultati sul campo, dei plurimi anni di C, degli stipendi pagati in ritardo, dei punti di penalizzazione.

Disposti - almeno così dicono- a seguire solo un’espressione calcistica cittadina e fermi nel sostenere che giammai si recheranno a sostenere altre squadre che non siano il Catania storico.

Che poi dubitare di questa irremovibilità è sempre lecito.

Mentre chi scrive era al mare circa 20.000 concittadini nell’ormai lontano 1998 assistevano allo spareggio promozione dalla terza serie alla B dell’Atletico Catania contro la Ternana: beh io non ho mai conosciuto un catanese che mi abbia confermato de visu la presenza all’allora “Cibali” in quel giorno di maggio di 17 anni addietro.

Una cosa è certa

Entrambi i fronti, oggi fermamente separati, assistono attoniti agli spettacolini televisivi dell’avvocato Ferraù che, con malcelata serenità ha discettato in settimana di fondi inglesi prossimi ad entrare nel Catania garantendo, il poi avvenuto, pagamento in extremis degli stipendi.

Il tutto in un comodo salotto televisivo cittadino tra conduttori ectoplasmatici che nulla chiedono -neppure il nome del suddetto fondo- e colleghi avvocati del buon Ferraù che giammai disturberebbero un componente il medesimo ordine professionale con cui ci si da amabilmente del tu.

Il tutto tra moine, frizzi, lazzi, e vicendevoli carinerie: uno spettacolo agghiacciante.

Almeno in questo i due schieramenti sono uniti.

Nel comune stupore per un giornalismo locale così accomodato ed accomodante

Saluti divisivi

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