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Catania, la promessa non mantenuta che fa allontanare Pelligra

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Il tema del giorno a Catania

Redazione ITASportPress

Ospitiamo il punto di vista dell'avvocato Giuseppe Rapisarda sul Catania.

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Oltre il calcio. Resta necessario tenere distante la politica locale dal calcio soprattutto in questa campagna elettorale.

Hanno tutti lasciato morire il Catania 46 nel silenzio della indifferenza. Non hanno detto una sola parola.

Non hanno mosso un dito. Non hanno fatto un cazzo. Nessuno.

Adesso scoprono una passione che non hanno mai pensato di avere appena un anno fa.

I tifosi del Catania non sono mai stati un partito politico né si può ritenere che in quanto tali possano essere utizzati come serbatoi di voti clientelari.Una sciocchezza.

Quando sarà il momento ciascuno esprimerà il suo consenso secondo i propri convincimenti valutando, anche, ma non solo, la fruizione pubblica di beni e servizi sportivi in questa città.

Lo stato degli impianti.

Gli 11 cantieri aperti dello aprile 21, quando in realtà, sappiamo, li citiamo a scopo meramente esemplificativo, che il tempio del rugby e la cittadella di Picanello di atletica leggera sono in stato di abbandono e/o chiusi addirittura.

Hanno mentito un anno e mezzo sui lavori al Cibali che non sono iniziati quando avrebbero dovuto. Non ci pubblicano il cronoprogramma degli stessi per impedire il controllo sulla congruità dei costi e dei tempi secondo computo metrico e stima preventiva di ogni singolo intervento previsto. Una vergogna che si consuma nel silenzio mediatico. Durante questi ultimi 5 anni è fallito non solo il Catania ma ha abbandonato nel silenzio generale il proscenio della A e dei campionati professionistici il mitico Amatori orgoglio per anni ed anni di intere generazioni catanesi.

Il basket si allena in strutture private e non si solleva da una dimensione meramente angusta delle proprie ambizioni. Nel volley si è importata una squadra storica di un comune limitrofo affidando alla stessa il palasport più grande, con parte degli oneri di gestione, mentre le squadre di Catania vivacchiano in campionati minori dividendosi spazi e costi del palazzetto di piazza spedini. Chiedere ai dirigenti di queste squadre, ma non solo, ma a quelli del nuoto e della pallanuoto per restare agli sport più seguiti storicamente dalle nostre parti, del rapporto difficile e complicato con gli amministratori pubblici.

Gli impianti sono pochi.

Quelli che ci sono gestiti dal ramo pubblico nel modo peggiore. A meno di considerare la costante dello affidamento al privato togliendo la possibilità di fruirne a chi non può, una virtù.

Non ricordiamo nulla ma proprio nulla riguardo al Catania storico tantomeno dagli assessori regionali dell'epoca transitati nei momenti decisivi della vita e del destino del Catania 46.

Perdere la memoria in nome di un attuale entusiasmo generale collettivo è uno stato d'animo comprensibile ma ingenuo. Personalmente mi auguro che da entrambi gli schieramenti, è il momento, vengano proposte figure nuove.

In aperta discontinuità col recente passato.

Femminili, magari. Secondo uno schema che auspicabilmente vedremo in scena sul proscenio nazionale nei prossimi mesi.

Che rompano gli schemi e gli stereotipi di comportamenti maschili. Figure capaci che spezzino questa catena monotona di condotte meschine ed inefficaci che da anni inchiodano Catania alla mediocrità ed alla rassegnazione.

Per responsabilità di proposte e scelte di adesione correlate, nostre, sbagliate.

Figure competenti che facciano da volano alla crescita e non considerino, per esempio, al contrario la nuova proprietà del Catania come volano della propria crescita.

Questo sorridere costantemente al fianco dei massimi dirigenti del calcio non solo dovrebbe essere imbarazzante ma é una offesa alla intelligenza altrui.

Per cambiare ci vuole coraggio, la pigrizia mentale di accontentarsi del presente è un moto diffuso dalle nostre parti. Per tanti motivi, il primo quello del "bisogno" economico di tanti, troppi. E sulle necessità di tantissimi catanesi fa leva vigliaccamente il potere che governa adesso. Promesse, promesse, promesse...

La nostra storia è fatta di promesse. Non mantenute.

La lavagna della città impone di scrivere nomi nuovi che accompagnino sfide nuove. Di crescita economica non più rinviabile. Pena un ulteriore inasprimento, non più sopportabile, delle già difficili condizioni sociali di Catania. La nostra città ha già conosciuto, nel calcio, il livello medio della imprenditoria locale, non mi riferisco affatto alla sola Sigi, e l'inerzia dei propri rappresentanti politici al tempo delle aste deserte.

Nessuno ha mai richiamato a quel tempo la attenzione su Catania e sul Catania.

Quella è la vera fotografia di Catania.

Una città di esercizi commerciali e studi professionali che chiudono giorno per giorno. Di lavoratori in nero, sfruttati ed abusati le volte in cui c'è il lavoro.

Spesso no.

Di prepotenza del potere e di diritti costantemente negati che diventano favori da elargire.

Non basta un gol che gonfia la rete avversaria.

Non basta da solo Pelligra se non avrà alle spalle ed accanto una Catania assai diversa da quella di questi ultimi anni.

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