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Futuro rossazzurro

Catania, l’energia per la risalita arriva dal petrolio

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Il Medio Oriente è l’area in cui il calcio è più seguito al mondo e il Catania potrebbe essere una buona occasione

Redazione ITASportPress

Il Catania più che il principe rossazzurro, deve attendere una proprietà estera, meglio araba, per potersi rilanciare con un progetto serio e lungo. In passato i grandi club finiti tra i dilettanti sono risaliti con i soldi di imprenditori italiani, ma in questo momento di crisi mondiale, e in particolare di crisi energetica, con i prezzi aumentati del 73% nel 2022 e con un deficit bilancia energetica aumentato di 5.271 milioni (dati Istat), in Sicilia e a Catania in particolare, investire nel calcio è assai rischioso per un imprenditore in cerca di affari. 

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BUSINESS PLAN - A grandi linee la filosofia imprenditoriale di chi sbarca dall’estero è di attrarre capitali per investirli e creare valore. Comprare una società, farla crescere, rivenderla e guadagnarci. Oppure entrare in un grande gruppo, “parteciparlo”, sostenerlo, incassarne i dividendi. Il Catania con una nuova proprietà ripartirà dalla massima serie dilettantistica. La Serie D purtroppo non crea ricchezza e chi investe sa bene che fino a quando non arriverà la Serie B, si dovrà solo immettere denaro. Facendo dei calcoli, per un campionato di Serie D importante, al netto dei ricavi, serviranno circa tre milioni. Se si avrà la fortuna e la capacità di andare al primo tentativo in Serie C, sempre al netto dei ricavi, poi occorreranno non meno di sette milioni per un torneo di vertice nella terza serie professionistica. E se dovesse andare ancora tutto liscio con la conquista della Serie B al primo colpo, ci vorrebbero poi altri 12 milioni, sempre al netto dei ricavi. Numeri ottimistici sul piano delle entrate e abbastanza contenuti sul piano delle uscite. Ci vorranno 25/30 milioni circa per riportare il Catania in Serie A. La nuova proprietà dovrà avere una struttura sportiva per gli allenamenti oppure provare a chiedere Torre del Grifo. Con il ritorno tra i professionisti si dovrà far ripartire il settore giovanile e anche il calcio femminile, dunque la nuova proprietà dovrà costruire un' azienda partendo da zero.

PROPRIETA' ARABA - Con questi numeri e con questa crisi, l’imprenditore locale, ribadiamo, difficilmente si vorrà imbarcare. Magari un gruppo di imprenditori italiani potrebbe dividersi i costi e le eventuali perdite verrebbero "ammortizzate". Il calcio sappiamo bene che non premia chi spende di più e di conseguenza il piccolo imprenditore che vuole rilanciare il Catania sa che rischia di bruciare l’investimento se non vince il campionato di Serie D al primo anno. L'unica cosa positiva per i tifosi rossazzurri è che con questi numeri sembra improbabile, se non impossibile, che qualche ex socio della SIGI abbia la forza di volersi rimettere in gioco con qualche milione di euro. Ci auspichiamo che il 18 giugno si presenti una proprietà estera con risorse illimitate e con un bel piano di sviluppo con vista sul 2026. Una proprietà araba sarebbe perfetta per Catania visto che hanno una gestione molto più aziendale, con una governance più strutturata e spesso una multiproprietà alle spalle come quella del City. Gli arabi hanno stravolto il calcio europeo a suon di investimenti sul player trading, hanno poi cambiato le gerarchie e ridisegnato la mappa calcistica dell’Europa. Lo hanno fatto, chiaramente, a suon di petrodollari. Dagli Emirati arabi uniti al Qatar dall’Arabia Saudita al Bahrain, attualmente si contano quindici club in mano a entità del Medio Oriente. Il Catania attende i milioni di petrodollari dal paese del Golfo Persico per diventare la sedicesima società di una proprietà araba. Sognare non costa nulla almeno per qualche giorno. 

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