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Mondo rossazzurro

Catania, quella minchiata di Ferraro che piace a tutti

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Il tema del giorno dopo la vittoria sul campo del Locri

Redazione ITASportPress

Era di aprile, meno di un anno fa. E il clima intorno al Catania non aveva minimamente una relazione con quello attuale. La delusione di una piazza per una squadra che puntava ai playoff ma sul più bello scomparsa, per non riapparire più. Una società sparita nel nulla e una storia cancellata. Acqua passata, oggi certi discorsi fanno ancora male ma la ferita si sta risanando grazie alla squadra di mister Ferraro che sta dominando il campionato di Serie D e ieri ha sbriciolato con estrema facilità la vice capolista Locri.

Catanesità Difficile da misurare come una persona possa calarsi in una realtà variegata, affascinante ma complicata come quella di Catania. Non c’è dubbio che il tecnico di Vico Equense sin dal primo giorno del suo arrivo, 2 agosto 2022, abbia cercato di dialogare con la città, per entrare in sintonia. “Umiltà, tutti insieme vinceremo con la spinta dei nostri tifosi” uno dei cori più sentiti a Ragalna e al Massimino sin dal primo giorno. Proprio per instaurare un nuovo dialogo con i tifosi rossazzurri che oggi si stanno entusiasmando.

L’uso della lingua Giovanni a volte si è sforzato di parlare la lingua che gli aragonesi affermarono alle pendici dell'Etna. Frasi a effetto, ma non buttate lì a caso. Per cui seguendo cronologicamente le escursioni linguistiche di Ferraro, possiamo intravederne una evoluzione. Alla presentazione disse: «Chiunque verrà a Catania capirà cosa sta indossando». Dopo la sconfitta in Coppa Italia, ribadì un concetto chiaro: «Conosco la Serie D, dobbiamo adattarci a questo torneo faticoso che non si vince a gennaio ma a maggio». No qui c’è una bugia, anzi una minchiata caro mister perchè al suo Catania di extraterrestri non serve arrivare a maggio per festeggiare la Serie C. Ci vuole poco tempo per brindare. Giovanni sa bene che i «cavaddi arrivaru»alla meta ma sicuramente il mister sa come maneggiare in maniera corretta i modi di dire catanesi. E’ lo spiritello folkloristico della tradizione.

Affamati Giovanni si sta meritando la laurea honoris causa in lingua catanese. Alla vigilia del match contro il Locri dicono che abbia ripetuto più volte: «I me cavaddi hanu ancora fami». Quella fame - che ricordava carestie e dunque la difficoltà di prendere sonno a pancia vuota - tradotta in gergo calcistico voglia di vincere, arrivare fino in fondo senza conoscere sonno. Che poi anche a Catania è una parola che ha un doppio, splendido, significato: sonno e sogno. Lo sa benissimo il professor Ferraro. Lo sanno bene i tifosi. 

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