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CATANIA, Russo, quando l’essere catanese non basta a incidere

Nato a Catania, gioca nella squadra della propria città: Giuseppe Russo a centrocampo ha finora sprecato occasioni e giocate, in attesa del guizzo decisivo.

Veronica Celi

"E sempri fozza Catania": si conclude così l'augurio natalizio che Giuseppe Russo rivolge a tutti i sostenitori rossazzurri su Facebook. Esclamazione in tipico dialetto catanese, come quelle che aleggiano frequentemente sugli spalti, al bar tra amici, sul bus o all'università. Parola d'ordine del tifoso DOC, ribadita dal centrocampista etneo, nato proprio alle pendici del vulcano. Classe '83, dopo un lungo vagare in giro per l'Italia, e tornato in patria, al servizio di Pancaro e dei compagni. La sua esperienza dovrebbe rappresentare un plusvalore. D'altronde sono tante le cadute, ricorrenti le soddisfazioni. E sono proprio quest'ultime che il Catania spera di riacciuffare, riportando in Sicilia il giocatore cresciuto nelle giovanili dell'Atletico.

A seguire il trasferimento al Crotone in B. Scende in campo solo in 9 occasioni. Così è la volta del Messina. Ma in due stagioni colleziona appena due presenze. Quindi il Paternò nel gennaio del 2004, in C1. Schierato 15 volte, va a segno in due occasioni, sbloccando una flebile vena offensiva. L'anno successivo incrementa minuti e chilometri col Rimini, salvo riaccomodarsi in panchina col Catanzaro. Esplode in terza serie nel 2006/2007 col Grosseto prima (5 gol in 28 apparizioni) e Cavese poi. Col Gallipoli conquista la promozione tra i cadetti. Traguardo tagliato anche col Verona al secondo tentativo, dopo averlo sfiorato al primo campionato con la casacca gialloblu (durante le due gare valide per la finale play-off, persa contro il Pescara, protagonista Russo con una rete al 93'). In B coi veneti nel 2011/2012 riassapora l'ebbrezza degli spareggi, nonostante sia il Varese ad avere la meglio. Titolarissimo con l'Ascoli, passa al Lumezzane nel 2013. Esperto di salvezze: altro appellativo da affibbiare al siciliano che in forza alla Ternana mantiene la cadetteria. Infine il Catania, e la Lega Pro, di nuovo. 

La storia si ripete. Conoscitore della terza serie, dovrebbe aver la capacità di districarsi con scioltezza tra avversari affamati e ritmi serrati. Finora, però, ha stentato. Quando subentrato a partita in corso (7) non si è incastrato perfettamente coi meccanismi della linea mediana, ricoprendo un ruolo marginale nel gioco rossazzurro. In fase d'impostazione non è risultato funzionale. In quella di copertura poco incisivo. Disattenzioni e cali di lucidità hanno gravato sulle performance del calciatore, tanto che a Melfi da un suo errore in area scaturisce il rigore gialloverde, trasformato nella rete del momentaneo 2-1 per i padroni di casa. Eppure attaccamento alla maglia, senso d'appartenenza e maturità accumulata bazzicando realtà differenti, dovrebbero pesare. Raro che un nativo di Catania - o provincia - passi dalla squadra della propria città. Ma quando succede il mix è letale. Vedi Orazio Russo, cresciuto nelle giovanili rossazzurre. Nel 1995/1996 è uno dei pezzi essenziali di un tridente d'attacco scoppiettante. Nel 2004 ripete quanto di buono fatto in precedenza. Altro esempio: Maurizio Anastasi, che ha contribuito al salto in massima serie degli etnei, prima di rientrare ai box a causa di un pesante infortunio. Ennesimo nome che si coniuga perfettamente con la promozione in A è Peppe Mascara. Capocannoniere nel 2003, tre anni dopo sforna 14 marcature, tra cui una tripletta. Memorabili gli eurogol contro Inter e Palermo (al "Barbera" segna dai 50 metri). E Giuseppe Russo? Magari il meglio deve ancora venire. Se confermato a gennaio, ha ancora tutta una seconda parte di stagione per dimostrare che "Catania" e "catanese" possono costituire un'accoppiata vincente e in piena sintonia. 

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