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L'analisi

Giornalismo sportivo a Catania tra ieri e oggi: un declino di stile ma la colpa non è…

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Una deriva giornalistica catanese che non è colpa dei lettori o degli utenti

Redazione ITASportPress

E’ mutato negli anni lo stile del giornalismo sportivo a Catania. Ormai spadroneggiano linee editoriali fotocopia che si limitano a commentare per un’ora i messaggi sui social dove imperversano gli haters. Fino a qualche anno fa, a Catania si animava in tv il dibattito con opinioni, anche forti se era il caso, ma costruttive e argute con conduttori del calibro di Enrico Escher e Gigi Ronsisvalle che lo governavano con carisma e professionalità.

HATERS - Oggi a Catania ci sono diversi mezzi di informazione etnei che promuovono standard mediatici di obiettività, ma c’è anche una larga minoranza che finiscono per amplificare il commento di messaggi degli haters soprattutto quando si giudicano giornalisti, articoli e opinionisti tv. Conduttori che fanno presto a bollare come bufala le notizie che arrivano da altre fonti (anche per invidia) e si fa presto a smentire le indiscrezioni, accreditando quei messaggi sui social carichi di disprezzo che in passato non hanno mai avuto risonanza e credibilità a Catania quando si è animato il dibattito sulle vicende calcistiche del club etneo.

DIBATTITO TOSSICO - Naturalmente è responsabilità dei giornalisti che conducono le varie trasmissioni far sì che ogni tifoso possa liberamente avere libertà di parola, ma questo non significa consentire di diffondere messaggi carichi di disprezzo utilizzando l’hate spreech. Oggi a Catania si assiste a una proliferazione di piattaforme digitali su Facebook gestite da ragazzini che non conoscono la professione e mai hanno frequentato una redazione giornalistica. Tra di loro la competizione è forte e c’è la corsa affannosa allo scoop per anticiparlo sui social o in fantomatiche web radio potendo vantarsi di aver lavorato meglio della concorrenza che poi viene delegittimata. Il grande Indro Montanelli disse a uno studente che “Lo scoop è la scorciatoia dell’imbecille”. Adesso a Catania si assiste giornalmente a un dibattito, spesso tossico,  basato su notizie mai costruttive che portano il lettore/utente sulla strada sbagliata. E difatti non è lui il colpevole di questa deriva giornalistica sportiva catanese. 

LA PERDITA - Catania non ha perso solo la Serie A, ma anche i giornalisti di Serie A. La redazione sportiva dello storico quotidiano “La Sicilia” anni fa era formata da giornalisti del calibro di Candido Cannavò, Gigi Prestinenza, Michele Tosto e questo le conferiva una autorevolezza di primissimo piano attraverso firme di prestigio.  Ma va ricordato anche Angelo Casabianca una persona di grandissima eleganza umana e professionale; sempre cortese, sempre disponibile a dare preziosi insegnamenti ai giovani corrispondenti.  Negli anni d’oro della carta stampata, la redazione sportiva dello storico quotidiano “La Sicilia” era un vanto a livello nazionale, era un patrimonio di valori di autenticità per la città di Catania che rimarranno ancora a lungo un riferimento credibile. Una scuola per centinaia di collaboratori e corrispondenti del giornale, che si sono via via susseguiti e allevati da questi autentici maestri, per tutti un riferimento anche dal punto di vista umano.  

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DAL BASSO - Giornalisti che hanno saputo raccontare il calcio con passione e trasporto, soprattuto quando gli strumenti di comunicazione erano meno sofisticati di quelli odierni. Si sono formati tanti cronisti catanesi in quella prestigiosa scuola di viale Odorico da Pordenone. Si faceva tanta gavetta e si cominciava a scrivere di calcio dilettantistico andando la domenica nei campi polverosi di Prima categoria o Eccellenza e di certo non al Cibali come invece succede oggi a ragazzi che con penna, taccuino e microfono scrivono e raccontano la Serie A senza conoscere l’abc di questa bella professione giornalistica. Il Catania Calcio annaspa anche per la mancanza di maestri del giornalismo del passato che hanno lasciato un vuoto importante. Purtroppo solo in piccola parte le giovani generazioni di giornalisti dell’epoca lo hanno colmato. 

 

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