editoriale

Il calcio italiano tocca il punto più basso

C’è una notte in cui le regole diventano estreme. Nessuno poteva immaginare che la finale di Coppa Italia, evento benedetto da Papa Francesco, poteva trasformarsi in un incubo per il calcio italiano preso ad ostaggio da un ultrà del Napoli che...

Redazione ITASportPress

C’è una notte in cui le regole diventano estreme. Nessuno poteva immaginare che la finale di Coppa Italia, evento benedetto da Papa Francesco, poteva trasformarsi in un incubo per il calcio italiano preso ad ostaggio da un ultrà del Napoli che ha dato  l'ordine di far giocare l'incontro. L'assenso di Genny 'a Carogna arriva alle 21.40 circa: il capo-ultrà del Napoli ha deciso che la finale di Coppa Italia tra gli azzurri e la Fiorentina può avere il via. Le telecamere lo inquadrano e i primi piani sulla sua maglia, con la scritta "Speziale libero", e il suo volto, che ricorda in parte quello di Ivan Bogdanov che incendiò un'Italia-Serbia, fanno il giro del mondo. La vergogna italiana va in onda in prima serata con l’aggravante che l’ultrà manda un messaggio indossando una maglietta con le scritte 'Speziale libero' davanti, (inneggia all'omicida di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso a Catania il 2 febbraio 2007) e 'Libertà per gli ultras' sul  retro. Conosciuto nel mondo della tifoseria come ‘Genny a carogna’, seduto su una grata della curva Nord, il capo ultrà ha partecipato alla convulsa trattativa che ha preceduto l’inizio dell’incontro, ritardato di 45’ dopo che la curva del Napoli, preoccupata per le notizie allarmanti sui tre tifosi partenopei feriti, sembrava contraria a che si iniziasse a giocare. E’ stato lui, riconoscibile per un vistoso tatuaggio su tutto il braccio destro, che ha parlato col capitano del Napoli Hamsik, scendendo sul campo di gioco; ed è stato ancora lui, con ampi gesti, prima a chiedere il ritorno della calma in curva da cui erano state lanciate alcune bombe carta, e poi a dare l’assenso all’inizio della partita quando i funzionari delle forze dell’ordine sono andati sotto gli spalti per comunicare la decisione di giocare.  De Tommaso sarebbe figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso. La sua leadership nella curva è nota da tempo: dapprima come capo del gruppo dei ‘Mastiffs’, e successivamente alla guida dell’intera curva A del San Paolo. Per una sera il vero ministro degli interni è stato Genny a Carogna, personaggio che, si erige a simbolo di un calcio malato, ostaggio delle frange più violente e radicali del tifo: quelle che prima inneggiano alla sospensione di una partita per un tifoso ferito, poi invadono il campo ebbri di gioia poche ore dopo strappando 'zolle-ricordo' dal prato dell'Olimpico.  L'assurda serata dell'Olimpico è tutta qui, nelle sue incoerenze e nella convinzione che il calcio italiano abbia toccato -ancora una volta- il punto più basso della sua gloriosa storia.  All’Olimpico abbiamo visto nitido il ritratto di questo Paese, un Paese inginocchiato, debole, incapace di dare risposte, perché troppo spesso costretto ad ascoltare i tanti Genny che girano indisturbati senza che nessuno dica nulla. I soliti scontri in città fuori dello stadio prima della partita non fanno nemmeno più notizia. Ci siamo abituati. Pazzesco.A Roma, davanti al Presidente del Consiglio, davanti al Presidente del Senato, davanti a tutti i giornalisti, davanti all'Italia intera, ha vinto Genny e abbiamo perso un po' tutti noi.