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Avramov a ISP: “A Novi Sad ho visto la guerra. Scherzi e successi a Firenze, ho Cagliari nel cuore”

Vlada Avramov, Cagliari (Getty Images)

L'ex portiere di Vicenza, Fiorentina e Cagliari si racconta ai nostri microfoni

Redazione ITASportPress

Di Federico Mariani

In volo da un palo all’altro. Uno, due, anche dieci tuffi a partita per blindare la propria porta dagli assalti avversari, realizzando interventi anche pericolosi e complessi per il bene della squadra. Ma Vlada Avramov non ha mai mostrato di avere alcun timore. Del resto come può la vista di un tiro complicato spaventare chi ha vissuto gli orrori di una guerra? Il serbo classe 1979 ha saputo ritagliarsi uno spazio importante prima in patria nella Vojvodina e poi in Italia, lasciando un segno importantissimo a Vicenza, Firenze e Cagliari. In biancorosso si è affermato agli occhi del pubblico italiano, mentre con la casacca viola ha vissuto la magia delle notti di Champions, prima di approdare in Sardegna, togliendosi altre grandi soddisfazioni. Avramov si racconta ai nostri microfoni in esclusiva:

Vlada, come stai attraversando questa difficile situazione legata all’emergenza Coronavirus?

“In questo periodo sono sempre stato in Serbia, dove sono mi trovo anche adesso. Qui si stanno aprendo tutte le attività, speriamo che sia davvero finita questa situazione”.

Negli ultimi tempi sei stato il preparatore dei portieri dell’Honved. Quando hai preso la decisione di allenare? In questi giorni come hai gestito gli allenamenti con i tuoi ragazzi?

“Questo lavoro mi piace tanto, ho completato la licenza per essere allenatore di portieri. È grazie a Cesare Prandelli e allo storico allenatore di portieri Vicenzo Di Palma se ho iniziato mia nuova carriera perché sono entrato nello staff quando lo stesso mister Prandelli era a Dubai, all’Al Nasr. Poi sono andato a Brescia e un mese fa a Honved, con cui ho rescisso il contratto perché volevo venire in Serbia per aiutare a miei genitori: meglio pensare alla salute in questo momento piuttosto che al calcio”.

Parliamo della tua carriera. Hai iniziato a giocare in un periodo difficile come quello della guerra in Jugoslavia. Quali sono i tuoi ricordi di quel periodo?

“La guerra è stata molto brutta. Ho vissuto a Novi Sad, che è stato il primo centro bombardato dalla NATO. All’inizio avevamo tutti paura, poi lentamente ci siamo abituati...”.

Poi il passaggio a Vicenza. Cosa ti è rimasto di quell’esperienza?

“Subito dopo, nel 2001 sono venuto a Vicenza perché ero titolare della Under 21 serba. Avevo tante offerte dalla Russia, ma io volevo solo giocare in Italia”.

A Firenze hai fatto parte di un gruppo capace di raggiungere un traguardo storico come le qualificazioni alla Champions League. C’era un segreto dietro a quei successi?

“Il segreto secondo me era l’allenatore Prandelli. Lo spogliatoio era unito, si andava a cena ogni settimana. In tutti i 20 giocatori si vedeva la forza del gruppo. Da Jorgensen a Dainelli, tutti si rispettavano, anche se c’erano tanti fenomeni, come Mutu, Frey, Vieri e Gilardino”.

Com’era lavorare insieme a campioni come Mutu e Gilardino? C’è qualche episodio particolarmente bello e divertente che ricordi di quel gruppo?

“Con Mutu ero amico, uscivamo spesso a cena anche da soli. Siamo rimasti ancora in contatto. Una volta ho fatto uno scherzo al Professor Giambattista Venturati dopo una partita in Coppa Italia ad Ascoli (stagione 2007/08 ndr.) dove abbiamo pareggiato. Io sono stato il primo a rientrare nello spogliatoio, ma lui era già là perché era così teso che non voleva guardare gli ultimi minuti del match. Il Professore mi ha chiesto se la gara fosse finita 1-1 e io gli ho risposto che avevamo vinto 2-1. Gli ho anche spiegato che aveva segnato Santana. Lui ha iniziato a urlare di felicità, è andato da Prandelli gridando e dicendogli: ‘Te l’avevo detto che avrebbe fatto gol Santana’. Purtroppo non era andata così... È stato uno scherzo simpatico anche se mi è costato una multa”.

Ha avuto come allenatori Cesare Prandelli e Sinisa Mihajlovic. Quali sono i ricordi che hai di loro? Cosa ti hanno insegnato?

“Prandelli mi ha insegnato ad avere pazienza. È stato un signore. Con Mihajlovic, invece, ho fatto solo il mio ultimo anno a Firenze”.

Poi hai trovato spazio a Cagliari: c’è un ricordo particolarmente speciale che ti lega al club sardo?

“A Cagliari mi sono legato con la gente. I sardi mi sono entrati nel cuore e prima o poi tornerò là. Dei miei quindici anni in Italia, i più belli li ho vissuti a Cagliari”.

Ti manca il calcio giocato?

“Non mi manca perché da allenatore dei portieri mi sento ancora di più vivo. Ora posso insegnare ai portieri e posso anche gestire le loro emozioni facendo affidamento alla mia esperienza, dato che per tanti anni sono stato anche un uomo spogliatoio”.

Se ne avessi la possibilità di tornare a giocare, quale partita ti farebbe piacere rivivere ancora?

“Sicuramente la partita Roma-Cagliari del 2013/14, finita 0-0. A Roma mi riconoscono solo per quella partita, ho sentito anche tante parole da parte loro…”.

Se potessi tornare in campo, in quale squadra ti piacerebbe giocare?

“Non pensò più a giocare perché ormai ho la mentalità di un allenatore di portieri. Se dovessi scegliere, andrei ancora al Cagliari”.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro anche al di fuori del calcio?

“Nel mio futuro vedo solo il calcio. Spero che un giorno allenerò i portieri di una squadra di Serie A e sono sicuro che quel giorno arriverà”.

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