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T. Manfredini a ISP: “Io vicino allo scudetto dell’ippica ma il virus ha bloccato tutto. Serie A? Giocare senza tifosi un disastro”

Redazione ITASportPress

L'ex difensore dell'Atalanta vede complicato il ritorno in campo

Una carriera dal Nord al Sud e poi a San Marino per il terzino Thomas Manfredini che ha collezionato in Serie A 213 presenze. La maggior parte delle partite le ha giocate con la maglia dell'Atalanta, club con la quale ha totalizzato 140 gettoni. Dopo l'addio al calcio ha iniziato la carriera da Driver. L'ippica infatti è da sempre una sua grande passione. L'ex calciatore è intervenuto ai microfoni di Itasportpress.it parlando dell'attuale situazione del calcio in Italia e lanciando un messaggio alla "sua" Bergamo.

La Lega di Serie A è spaccata, molti club non vorrebbero riprendere. Cosa ne pensa?

"E' difficile prendere una decisione perché credo che si parli anche di interessi personali. Molti club vogliono concludere perché ci sono in palio competizioni da dover giocare e per molti sono vitali anche per il futuro di alcune società. Io penso che in questo momento il pensiero vada agli stessi calciatori o comunque le persone che, riprendendo, sarebbero a rischio. Non è comunque un discorso facile anche perché se ci fossero altri casi di positività più avanti, non si potrebbe già più giocare. E' molto difficile riprendere in una situazione di sicurezza totale. Credo che la soluzione sia un vaccino, ma non spetta a me parlarne".

Campionato da finire, ma a porte chiuse. Cosa ne pensa?

"Giocare senza un pubblico è un disastro, è bruttissimo. Non c'è quell'atmosfera che fa sì che le partite diventino speciali. I tifosi fanno parte del contorno del gioco del calcio. Penso che, nel caso si dovesse ripartire, si giocherà sicuramente a porte chiuse. E' normale che un giocatore ora abbia voglia di tornare in campo a tutti i costi".

Questione stipendi dei calciatori, d'accordo con i tagli?

"Io avrei dato una mano alla mia società. Penso che un aiuto alla società possa far bene a tutto l'ambiente. In Serie A, inoltre, dimezzarsi o togliersi uno stipendio o due per aiutare persone in difficoltà penso sia apprezzabile, come successo a Napoli per esempio. I calciatori inoltre vengono pagati per giocare e se non lo fanno è giusto che la società chieda loro uno sforzo".

Come sta proseguendo la sua nuova avventura da Driver?

"E' una passione che ho sempre avuto e ora mi trovo a svolgerla al 100%. Adesso in questo momento siamo bloccati anche noi. E' un settore anche questo in difficoltà perché serve allenare il cavallo e ora non si può. Dico bene perché mi sto togliendo delle soddisfazioni e ho vinto anche delle gare. Quest'anno stavo lottando per la vittoria del campionato, ma purtroppo c'è stato questo stop. Vivo sempre l'adrenalina pre corsa che è simile a quella che provavo prima delle partite".

Pensa mai di tornare nel mondo del calcio?

"Avevo riprovato a riprendere a giocare l'anno scorso in una squadra di San Marino, ma ho visto che l'inattività non mi permette più di fare quello che facevo. Giocando sul sintetico rischiavo tanto. Non ho ancora preso in considerazione la possibilità di tornare in una veste dirigenziale. Quando stavo fuori dal campo, o semplicemente in panchina, non mi sono mai divertito quindi vedere il calcio in un'altra ottica non mi attira. Il tempo poi sta passando e non prenderò in considerazione di tornare nel mondo calcio. Non mi manca più di tanto".

Lei è stato a Bergamo tanti anni. Cosa si sente di dire alla città?

"Io conosco la città e so che i bergamaschi alzano la testa subito. Il popolo bergamasco si è mosso per costruire un ospedale. So che è un momento complicato ma so che la forza d'animo delle loro persone tireranno fuori la grinta per ripartire.

Si sarebbe mai aspettato di vedere così in alto l'Atalanta?

"Io ho sempre pensato che c'erano tutte le possibilità di fare benissimo a Bergamo. Ho conosciuto l'ambiente e so cosa vuol dire la squadra per la città. Sicuramente il far crescere i giovani è stato sempre nel loro dna. La gente ha pazienza di vedere crescere i giocatori. Esiste la cultura di vedere la crescita del singolo dandogli il tempo necessario per farlo. La mentalità è cambiata. Prima si pensava solo alla salvezza, mentre ora gli obiettivi sono altri come la qualificazione in Champions League. Prima si vendeva solamente mentre negli ultimi anni hanno alzato l'asticella, con acquisti importanti. Anche sul piano degli stipendi è cambiato tutto".

Ha collaborato Michele Iacobello