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Lucchini a ISP: “Atalanta, con Gasp Champions possibile. Samp, che errore l’addio di Pazzini!”

Stefano Lucchini, Atalanta (Getty Images)

L'ex difensore, ora allenatore, analizza il confronto tra le due formazioni

Redazione ITASportPress

"Di Federico Mariani

"Dal campo da calcio di Castelnuovo Bocca d’Adda agli stadi di Serie A. Il percorso di Stefano Lucchini ha avuto inizio nel piccolo paese del Basso Lodigiano e da lì non si è più fermato, proseguendo in continua ascesa con tappe a Cremona, Terni, Empoli e Genova, sponda Sampdoria. Con i blucerchiati ha persino assaporato, seppur in maniera fugace, l’elettrizzante atmosfera della Champions League. Il difensore classe 1980 ha dato tutto per la maglia del club ligure, vivendo in prima persona l’apoteosi del quarto posto nel 2010 e la discesa all’inferno della B nella stagione seguente. Dopo l'esperienza alla Samp, Lucchini ha scelto l’Atalanta, contribuendo alla salvezza storica dei nerazzurri, penalizzati di 6 punti nel 2011/12 per le vicende del calcioscommesse. Un risultato clamoroso che ha gettato basi solide per la costruzione di un futuro radioso per il club bergamasco. Mercoledì le sue due ex squadre si sfideranno alla Gewiss Arena in un match che Stefano seguirà con emozione particolare. Lucchini si racconta in esclusiva ai nostri microfoni:

"Stefano, come sta? Come ha attraversato questi ultimi mesi?

"“Dal punto di vista calcistico, ci siamo fermati il sabato dopo il 21 febbraio. Alleno da tre anni la Cremonese Primavera. Avremmo dovuto giocare il derby col Brescia, ma in città si stavano verificando i primi casi di contagio. Siamo stati forse i primi a fermarci, vista la gravità della situazione. È stata una scelta lungimirante. Anche la Federazione è stata brava a comprendere questo momento delicato”.

"Immagino anche la difficoltà di vivere in una città fortemente colpita con il pensiero per la famiglia che viveva nella zona rossa o appena accanto.

"“Avevo notizie da Codogno e Castiglione d’Adda, dove vive mia sorella. Mi raccontava del suono continuo delle ambulanze. Purtroppo era una realtà che si è presentata in seguito anche a Cremona. Capivamo giorno dopo giorno quanto fosse grave la situazione”.

"Come valuta la ripresa del calcio italiano? È d’accordo con la decisione presa dalla Figc?

"“Non saprei giudicare. Non penso di essere la persona adatta. Penso che il calcio sia una distrazione per tanti tifosi. Nei momenti di difficoltà lo sport può dare una sensazione di sollievo ed essere una valvola di sfogo. Dall’altra parte c’è il rispetto per i tanti morti di questa epidemia. Credo sia difficilissimo dire cosa sia giusto. È difficile avere un’opinione su questo aspetto. Sicuramente sono stati sbagliati i momenti in cui affrontare il tema della ripresa. Mi riferisco ai tanti ragionamenti fatti tra marzo e aprile. Si parlava se riprendere o meno l’attività direttamente dopo Pasqua. In quel caso, i tempi erano inopportuni. Si sarebbe dovuto affrontare l’argomento con maggiore delicatezza. Con il miglioramento della situazione e le nuove procedure, il tema si poteva trattare senza problemi”.

"Mercoledì andrà in scena una sfida a lei cara: Atalanta-Sampdoria. Un match con prospettive diverse per le due squadre.

"“Sarà una partita dalle grandi motivazioni, che sono altissime per entrambe. La Sampdoria lotta per la salvezza in Serie A. Dall’altra parte, però, c’è una squadra che, nonostante il blocco, è ripartita con una condizione fisica superiore alle altre concorrenti. È una partita difficile per entrambe. Può venire fuori un match spettacolare, con tanti gol, o controllato, con un certo tatticismo iniziale. L’Atalanta gioca a viso aperto e creerà diverse occasioni, concedendo altrettanto dietro. Non sarà una partita da 0-0”.

"Lei è arrivato a Bergamo in un momento particolare, con la squadra appena promossa in Serie A e travolta dallo scandalo delle scommesse. Crede che la salvezza conquistata sia stata un punto di partenza per i successi attuali?

"“Sicuramente consolidando la categoria abbiamo fornito alla società un aiuto fondamentale per la crescita del club. I Percassi sono persone intelligenti, lavorano bene nel calcio. Mi aspettavo che la società migliorasse anno dopo anno, anche se non mi aspettavo così presto, su livelli decisamente alti e con un gioco simile. Mi aspettavo che lottasse al massimo per l’Europa League e solamente dopo avrebbe puntato in alto”.

"Crede che l’Atalanta possa vincere la Champions?

"“Sì, può vincere perché si ragiona su partite secche. Non ci sono più le gare con andata e ritorno, con distanze di tanti giorni tra un incontro e l’altro. Con questo sistema, l’Atalanta ha le stesse possibilità di tante altre squadre”.

"Sulla panchina dei nerazzurri siede un tecnico che lei ha affrontato diverse volte nei derby di Genova: Gian Piero Gasperini. Come si spiega il successo straordinario ottenuto a Bergamo? Prima, al di là del Genoa, non era riuscito a lasciare un segno così marcato, come dimostra anche il flop all’Inter.

"“Secondo me, all’Inter ha fatto più fatica perché ha trovato nel suo modo innovativo di vedere il calcio una società che non lo ha aiutato a esprimere il suo credo al meglio. È stato visto come qualcuno che vuole imporre la sua mentalità e a Bergamo ha trovato finalmente chi lo ha appoggiato. Bisogna fare i complimenti alla società che non lo ha esonerato nemmeno dopo le prime cinque giornate. L’allenatore a volte deve essere supportato dalla società, specialmente quando le cose vanno male. All’Inter devi vincere subito e ovviamente non è facile trovare subito pazienza e comprensione da parte dell’ambiente”.

"Le avrebbe fatto piacere giocare in questa Atalanta?

"“Mi sarebbe piaciuto tantissimo. Avrei imparato ancora di più. Ho giocato con Delneri con la linea a quattro a zona, nella difesa a tre con Mazzarri. Mi ha colpito il modo di giocare dei difensori: sono quasi sempre uno contro uno e non sono super campioni affermati, ma giocatori forti che sono arrivati e cresciuti all’Atalanta senza avere alle spalle un passato in club particolarmente blasonati. Questo significa che dietro c’è un lavoro importante. Del resto, Gasperini è davvero un insegnante di calcio”.

"Cosa le è rimasto dell’esperienza a Bergamo?

"“Sono arrivato in uno degli anni più difficili. Il merito di questa Atalanta è stato aver conquistato la salvezza partendo dai famosi 6 punti di penalità. Avevamo l’etichetta di squadra già retrocessa. Eravamo una formazione buona, ma saremmo partiti per non retrocedere e quel fardello ci avrebbe potuto seriamente danneggiare. Invece dimostrammo di essere un gruppo serio. Stabilimmo il record di punti in Serie A per l’Atalanta, che è rimasto imbattuto fino all’arrivo di Gasperini. Per certi aspetti, quindi, è merito di questa squadra se la formazione di Gasperini è su quei livelli. La società è rimasta in Serie A e ha avuto modo di progettare al meglio le stagioni successive”.

 Stefano Lucchini, Sampdoria (Getty Images)

"Nella scorsa stagione l’Atalanta ha realizzato un miracolo sportivo con la qualificazione alla Champions. Lei ne sa qualcosa, dato che ha fatto altrettanto con la Sampdoria nel 2009/10. Ci sono punti in comune tra le due squadre?

"“Dipende sempre dalla società che ci sono alle spalle. I Percassi sanno di calcio. Sono lungimiranti. Hanno potuto dare continuità al loro progetto. Alla Sampdoria è successo il contrario: siamo arrivati a un certo livello e poi sono andati via Marotta e Paratici e insieme a loro è partito anche Luigi Delneri. La squadra era perfetta con lui e grazie a lui. Andava scelto un allenatore diverso, non perché i successori non fossero all’altezza, ma perché avevano un modo di giocare diverso. Penso che Giampaolo sarebbe stato il profilo adatto perché si avvicinava maggiormente a Delneri come filosofia calcistica. Lui avrebbe portato avanti il percorso avviato. Sono convinto che se avessimo dato continuità con quel modo di giocare saremmo diventati l’Atalanta di oggi. Non lo dico con presunzione, ma con la consapevolezza del valore del gruppo blucerchiato. Con Delneri avevamo raggiunto una forza mentale straordinaria. Purtroppo è stato un discorso societario particolare. Invece di venire incontro alla squadra in difficoltà, hanno ceduto Cassano e Pazzini. Ci sono venute a mancare alcune certezze particolarmente importanti”.

"Credo che, se si presentasse all’attuale tecnico dei blucerchiati Claudio Ranieri, rievocherebbe l’incubo di Roma-Sampdoria che gli costò un clamoroso scudetto.

"“Anch’io ho la stessa impressione (ride ndr.). A parte gli scherzi, quell’anno è stato incredibile. Eravamo in zona Champions e nelle ultime partite avremmo dovuto affrontare la Roma, il Palermo, nostro avversario nella corsa al quarto posto, e il Napoli. La sfida contro il Napoli era la più facile sulla carta perché loro non avevano più grandi obiettivi. La Roma, invece, era lanciata verso la vittoria dello scudetto. Ci si giocava tutto in un match. Nel primo tempo la Roma ci ha letteralmente preso a pallonate. Ma quando una squadra non ha niente da perdere, può giocare senza paura. Nella ripresa quella mentalità ci ha aiutato parecchio. Mi ricordo un’uscita di Storari su Vucinic davvero pazzesca. Marco è stato un elemento prezioso. Sapevamo che con lui in porta gli avversaria avrebbero dovuto tirare fuori il gol della domenica. Inoltre nel 2010 eravamo davvero forti in difesa. Eravamo la squadra migliore per gol subiti in casa nell’intera Europa”.

"Questo cambio di mentalità è stato figlio della finale di Coppa Italia persa contro la Lazio? Quel secondo posto non vi ha caricato?

"“Secondo me, abbiamo acquisito consapevolezza strada facendo. Con Mazzarri giocavamo con la difesa a tre, poi con Delneri siamo passati alla linea a quattro e con il riferimento della palla. Se non si utilizzava bene la testa, con Mazzarri rischiavamo di prendere gol stupidi. Poi, ragionando da collettivo, abbiamo raggiunto il top. Lì siamo diventati consapevoli della nostra forza, non avevamo paura di nessuno. Battemmo anche l’Inter in casa nostra. Al ritorno pareggiammo 0-0 con i nerazzurri e stiamo parlando della squadra del Triplete. Quando si raggiunge velocemente la salvezza, c’è la possibilità di pensare più liberamente”.

"Come si spiega il tracollo della stagione seguente? È stato più frutto del contraccolpo psicologico per l’eliminazione ai preliminari di Champions o delle illustri cessioni nel mercato invernale?

"“La prima parte di campionato era stata buona. Abbiamo concluso il girone d’andata con 25 punti. Stavamo facendo quello che ci chiedeva la società: essere nella parte sinistra della classifica. Il percorso era quello stabilito. Molto ha influito il cambio di allenatore e il mercato. Questi scossoni ci hanno portato nella seconda parte di campionato a giocare contro Lecce e Parma in casa e ci siamo trovati a fine partita ad aver perso entrambe le gare. Ogni sconfitta era una mazzata. Ci rendevamo conto di non riuscire a rendere felice della gente. Influivano anche le scelte tattiche: a volte la formazione sembrava fosse un po’ messa in campo senza grandi idee. In questo modo speravamo semplicemente di non incassare un gol… Sicuramente il mercato non ci ha aiutato. Posso capire l’addio di Cassano che aveva litigato con i Garrone. Ma credo che Pazzini andasse gestito diversamente. Ci ha colpito ancora di più quell’addio”.

"Intravede nella crisi del 2011 alcuni sintomi in questa Sampdoria invischiata nella lotta salvezza?

"“No, è diverso. Secondo me non ha cambiato tantissimi giocatori e ha un allenatore esperto. Dispone di un gruppo coeso da cui non gli sono stati tolti i giocatori più rappresentativi. Nel complesso ha una squadra un po’ diversa rispetto a quella degli altri anni, ma comunque assolutamente valida”.

"La “sua” Sampdoria dava l’impressione di essere un gruppo estremamente solido. Era davvero così?

"“Avevamo creato un gruppo compatto, che abbiamo cercato di mantenere vivo anche nella stagione successiva, ma purtroppo, quando un anno nasce male, è difficile riuscire a raddrizzarlo... Nel 2010 eravamo veramente una squadra incredibile, affiatata anche fuori dal campo. A volte le cene sono forzate. Le prime volte si va in venti. Poi si cala di numero per gli impegni dei vari giocatori. Noi, invece, non vedevamo l’ora che fosse il giovedì per ritrovarci insieme. C’era grande coesione di argomenti e non si parlava solo di calcio. A turno si pagava la cena, a volte singolarmente se capitavano compleanni o ricorrenze. Questo veniva ripetuto quando giocavamo in casa. Dopo la partita organizzavamo la serata tutti insieme”.

"Attualmente quali sono i suoi progetti?

"“È finito il mio secondo contratto da allenatore della Cremonese Primavera. Purtroppo non siamo riusciti a concludere un lavoro iniziato nell’anno scorso. La società dovrà prima terminare la stagione e poi valuterà il contratto. La squadra sta lottando per non retrocedere. È una situazione complicata e la società pensa al presente giustamente. Non abbiamo ancora parlato per la prossima stagione. Io aspetto di capire quali saranno le intenzioni della Cremonese, a cui do sempre la priorità nei colloqui. Devo anche ammettere che qualche richiesta è arrivata”.

"Se ne avesse l’opportunità, quale partita rigiocherebbe?

"“Rigiocherei il derby Sampdoria-Genoa dell’anno della Champions, con gol di Cassano su mio assist. Mi piacerebbe anche tornare in campo per cambiare il risultato finale col Werder nella gara d’andata dei preliminari di Champions dove perdemmo 3-1 dopo un bel primo tempo. Feci fallo da rigore e venni espulso. Chissà, magari se non l’avessi fatto e fossimo passati ai gironi, non ci sarebbe stato il 2011 da incubo…”.

"Le capita di riparlare ancora adesso con Cassano di quel derby?

"“Abbiamo scherzato tempo fa, quando l’ho incontrato a Coverciano. Io seguivo il master degli allenatori, mentre Antonio era al corso per dirigenti. Scherzava con Pirlo e Toni. Diceva: ‘Lucchini continua a dire che mi ha fatto l’assist per quel gol, ma in realtà ha solo buttato dentro l’area di rigore una palla a caso e poi ci ho pensato io’. Io gli ho risposto che in realtà ha dovuto solamente appoggiare il pallone in rete perché la mia sponda era decisamente precisa (ride ndr.). Siamo andati in crescendo ogni anno con lui. È sempre un piacere ricordare quei momenti”.

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