Ma chi ha detto che il tennis maschile è più seguito di quello femminile? In tv sicuramente no, tanto meno su SuperTennis. Basta citare gli ascolti medi e i contatti delle partite trasmesse in diretta nel 2015 dalla tv della FIT (WTA Premier e International, ATP 500 e 250 oltre a Coppa Davis e Fed Cup): rispettivamente 35.279 e 155.380 per le donne, 29.354 e 132.224 per gli uomini. Evidente che vincono le donne! Anzi il potere è donna! Lo dimostra un altro dato della passata stagione risalente a gennaio 2015. SuperTennis ha trasmesso in diretta alle 10 del mattino sia la finale femminile vinta dalla Sharapova sulla Ivanovic, che il giorno dopo (l’11 gennaio) quella maschile con il successo di Federer su Raonic. Contro ogni pronostico (King Roger toccava quota 1000 match vinti nel circuito) la Sharapova ha battuto lo svizzero nonostante il suo carico di storia e leggenda e un’attenzione mediatica decisamente superiore. In 123.000 hanno seguito l’ultima ora della finale donne senza lasciare un attimo SuperTennis, contro i 107.050 di Federer-Raonic.
Le parole di Raymond Moore, ormai ex CEO e direttore di Indian Wells (è stato praticamente costretto a dimettersi travolto dalle proteste delle giocatrici), hanno sollevato un mare di discussioni. Al di là delle stucchevoli diatribe sul prize money e sulla polemica mai sopita sulla parità di guadagni per uomini e donne negli Slam e in tornei come il combined californiano, ci sono dei dati (vedi quelli appena citati degli ascolti della tv della FIT, prima fra tutte a puntare decisamente sul tennis in gonnella) che dovrebbero far riflettere Novak Djokovic, unica voce (ufficiale!), oltre a quella di Moore, fuori dal coro. Il serbo gli ha dato torto per la mancanza di stile, ma ragione nella sostanza. Nole è l’unico ad essersi esposto, ma il suo pensiero, va detto, è comune fra diversi giocatori del circuito e puntualmente salta fuori almeno un paio di volte all’anno, prima di tornare in letargo.
Sostenere che uomini e donne non abbiano diritto a guadagnare gli stessi soldi, in relazione alla mole di pubblico e introiti che sono in grado di attirare (vivaddio il tennis non si è ridotto a una mera questione di numeri e cifre) è una tesi smaccatamente sessista e non supportata dai fatti. Basta ricordare che lo scorso anno la finale degli US Open è andata sold out prima di quella maschile. Certo, gli americani tutti si aspettavano di celebrare Serena come la più grande di sempre con in tasca il Grande Slam. Sappiamo bene come è andata a finire, ma che vuol dire? Semmai si può discutere su come ATP e WTA promuovono il loro prodotto e in questo, probabilmente, chi prende le decisioni nel circuito maschile ha mostrato maggior lungimiranza. E non solo grazie ai vari Federer o Nadal, come ha detto Moore. Perché poi, alla conta dei fatti, il match probabilmente migliore di questo inizio di stagione è stato quello tra Roberta Vinci e Agnieszka Radwanska a Doha, trasmesso sempre da SuperTennis lo scorso 25 febbraio in piena serata di Europa League di calcio, dunque contro il colosso pallone. Chi ha scelto il tennis (femminile) non si è certo pentito.
Non ha pagato, almeno sinora, la strategia dell’ex Ceo della WTA Stacey Allaster (dallo scorso ottobre al suo posto c’è Steve Simon) di puntare con forza sul ricco mercato orientale mettendo da parte tradizione e storia con la vecchia e cara Europa che continua a perdere tornei.
Chi sostiene l’inaccettabile tesi di Moore, inoltre, dimentica (o fa finta di ignorare) il periodo storico che il tennis sta vivendo. Più interessante assistere ai match di un torneo maschile in cui sappiamo già chi vincerà (a meno che non si batta da solo), con Djokovic dominatore assoluto da almeno un paio di stagioni, oppure più emozionante seguire le vicende di un torneo femminile in cui le sorprese sono all’ordine del giorno? In cui non sai mai chi la spunterà e anche una campionessa celebrata come la Williams può soccombere, come ha dimostrato la nostra Roberta Vinci a New York nella sfida più bella ed avvincente di tutto il tennis (uomini e donne) del 2015. Se si ripensa alla passata stagione qual è l’immagine più forte e viva? Il sorriso quasi incredulo di Roberta nell’immenso Arthur Ashe Stadium o le tante vittorie (scontate) di Djokovic? E non c’entra né il tifo né l’essere italiani. Il tennis femminile è profondamente cambiato negli ultimi 10-15 anni, diventando molto più divertente e incerto di quello dei colleghi maschili. L’interesse sempre crescente degli appassionati che lo seguono in tv lo dimostra in modo inequivocabile. Con buona pace di Djokovic e colleghi. E dell’incauto Moore.
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