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IL BRASILE SCOMPARSO. IL TRAMONTO DELLA NAZIONALE VERDEORO

L’eliminazione del Brasile dalla Copa America (per mano del Paraguay, ai calci di rigore, lo stesso Paraguay che li aveva eliminati nel 2011) ha fatto riflettere molti nel mondo del calcio. Quanto accaduto sembra, infatti, la conferma che...

Redazione ITASportPress

L'eliminazione del Brasile dalla Copa America (per mano del Paraguay, ai calci di rigore, lo stesso Paraguay che li aveva eliminati nel 2011) ha fatto riflettere molti nel mondo del calcio. Quanto accaduto sembra, infatti, la conferma che - al netto del talento di Neymar, migliorato sensibilmente al Barcellona rispetto al "giocoliere" effimero visto al Santos - quella verdeoro è una squadra normalissima, non più la Seleçao mostruosa degli anni di Ronaldo, Roberto Carlos, Ronaldinho e compagnia bella.

La sconfitta nell'attuale competizione sudamericana fa infatti il paio con il Mineirazo rimediato contro la Germania l'estate scorsa, l'umiliazione del 7-1 inflitta dai panzer tedeschi ai brasiliani nel Mondiale casalingo; un Mondiale, a dirla tutta, in cui il Brasile avrebbe meritato di essere eliminato molto tempo prima, e che senza gli aiuti degli arbitri e della fortuna sarebbe stato ancor peggiore per i verdeoro. Il ritorno in sella di Dunga, richiamato dopo la non brillantissima prova di Scolari sulla panchina brasiliana, non ha portato molti vantaggi alla Seleçao.

Il gioco latita, ci si affida a qualche fiammata in avanti e a quanto rimasto del talento difensivo di Thiago Silva dietro. In mezzo, il nulla: l'unico dotato di qualche capacità reale da centrocampista sembra essere il neo-giocatore del Liverpool Roberto Firmino, ma anche lui non è né Kakà né Juninho. Dovendo fare un'analisi del crollo della Nazionale brasiliana, una delle cause maggiori sembra essere l'aumento di importanza e di disponibilità finanziaria del campionato interno: sempre meno giocatori della Seleçao vengono scelti partendo dal requisito fisso di dover giocare in Europa: se questo va in favore di una maggiore "democratizzazione" del calcio, è anche vero che il risultato sono giocatori meno preparati tatticamente e tecnicamente.

L'eurocentrismo del calcio non è politico ma necessario: la controprova sono Nazionali come il Cile e la Colombia, costruite sempre più su talenti esplosi nel Vecchio Continente, da Vidal a Jackson Martinez, da Murillo a Medel. E con allenatori - come Sampaoli e Pekerman - che nonostante non abbiano esperienze europee comprendono quanto a livello tattico ci sia da imparare dai "noiosi" allenatori d'Europa.