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Il calcio, il business, le maglie… e la magia? (FOTO)

È un luogo comune che nel calcio moderno il business conti sempre di più e che la tradizione dei club scompaia sempre più rapidamente per lasciare spazio all’economia, al marketing e alle strategie di espansione. Non è necessario demonizzare...

Redazione ITASportPress

È un luogo comune che nel calcio moderno il business conti sempre di più e che la tradizione dei club scompaia sempre più rapidamente per lasciare spazio all’economia, al marketing e alle strategie di espansione. Non è necessario demonizzare questa tendenza come talvolta viene fatto: anche se a volte va a toccare la cosa più sacra che esista per un tifoso, la maglia.

INTER E ROMA - In tempi recenti, infatti, abbiamo assistito a veri e propri capovolgimenti del paradigma che faceva dei colori di una squadra qualcosa di intoccabile. Basti pensare alla maglia dell’Inter 2014-2015, che aveva completamente sovvertito i canoni usuali del nerazzurro classico della squadra meneghina: l’indifferenza (e in taluni casi il vero e proprio sdegno) dei tifosi, unito ai risultati sportivi non esattamente convincenti del team allenato da Mazzarri prima e da Mancini poi, ha convinto il club di Thohir a ritornare sui propri passi e restaurare le strisce verticali nere e azzurre. Un altro caso di rilievo, questa volta accolto con vero astio più che con snobismo da parte dei supporters, è stato il restyling del marchio dell’AS Roma, messo a punto dalla nuova proprietà americana per sottolineare il nuovo corso della squadra giallorossa. I tifosi hanno indetto una vera e propria campagna sui social network per manifestare il proprio dissenso, questa volta senza risultati di rilievo presso la società.

IL CASO REAL MADRID - Infine, l’ultimo “caso” mediatico è stato quello del Real Madrid: le maglie presentate recentemente su Twitter sono piuttosto discusse, soprattutto la seconda (che assomiglia abbastanza indubbiamente ad un pigiama da uomo - vedi foto sotto). Tuttavia, per un club come quello madrileno la maglia non è più soltanto un simbolo da sfoggiare sul petto il giorno della partita domenicale, come lo era stato in passato: è più che altro un prodotto di merchandising da vendere, e il fatto che Cristiano Ronaldo, Gareth Bale e James Rodriguez indossino quella maglia è più che sufficiente per venderla alla gigantesca fan-base mondiale del Real, senza che a questo si aggiunga anche la effettiva bellezza estetica del capo sportivo. A questo, poi, bisogna aggiungere che anzi, il design “innovativo” e indubbiamente coraggioso porta molti a comprarla più facilmente, perché (soprattutto se collezionisti) capiscono quanto possa essere irripetibile ed inconfondibile una maglia di questo genere. Un circolo virtuoso per le casse del club, meno per le tasche dei tifosi (l’intera divisa, completa di pantaloncini, costa 125 euro, mentre per la sola maglia ci si ferma a 90).

I RITORNI ECONOMICI - Ma bisogna anche comprendere quanto importante sia il merchandising per il bilancio di un club (cosa ancora non chiarissima in Italia): per rimanere in casa Real Madrid, si può pensare a quanto accaduto l’anno scorso dopo l’ingaggio di James Rodriguez. In poche ore (circa 48), andarono a ruba le maglie con il suo nome ed il suo numero: circa 350mila pezzi venduti, per un incasso di circa 45 milioni di euro in soli due giorni. Certo, va via la magia ed il significato di poter dire: «io c’ero, e quella maglia vuol dire qualcosa per me». In compenso, il Real va a lottare per almeno due titoli ogni anno. Siamo certi che ai tifosi italiani anche quello non dispiacerebbe.