Sulle colonne della Gazzetta dello Sport il centrocampista del Benevento Tommaso Pobega nato il 15 luglio 199 a Trieste e cresciuto nella Triestina prima di passare al Milan si racconta. "Sono un lavoratore, quella è la parola chiave. Mi piace mettermi a disposizione della squadra con intensità e impegno. Ero così sin da bambino. Ho fatto il Liceo Scientifico diplomandomi con 80. E sono iscritto a Economia: ho dato 5 dei 6 esami del primo anno e sto preparando il sesto».
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Benevento, Pobega: “Io raccattapalle di Milan e Juventus ma mio futuro rossonero”
"Io tifoso juventino da bambino" ha sottolineato il centrocampista di Inzaghi
Quindi le piace studiare.
«Che sia un piacere è un parolone... Però voglio laurearmi. Il tempo non mi manca: quando facciamo un solo allenamento, ho mezza giornata libera per i libri. La grande passione è il basket Nba: se non ho impegni sportivi ravvicinati, mi alzo anche di notte per guardare le partite. Mi piace molto cucinare, soprattutto il risotto che è il piatto che mi viene meglio in diverse varianti: di mare, con i funghi, con la salsiccia. Mi diverte anche provare ristoranti nuovi. In tv guardo poche partite. Anche la Champions comincio a seguirla dalle semifinali, i gironi non mi attirano. Preferisco un film o una serie: ho appena visto “La regina degli scacchi” e mi è venuta voglia di imparare a giocare, ma credo sia difficile. Sono un lavoratore: quella è la parola chiave. A me piace mettermi a disposizione della squadra e garantire intensità, impegno, aiuto. Fin da bambino ero così. Negli ultimi anni ho cercato di migliorare negli inserimenti: se accompagni l’azione, le occasioni arrivano. E i gol anche. La ricerca del tiro attraverso giusti tempi di inserimento è una cosa su cui mi alleno sempre. Sto cercando di migliorare anche nel tiro da fuori: lavoro a 360 gradi sulle finalizzazioni. Il primo gol in A l’ho segnato a Buffon: io ho 21 anni, lui 42, il doppio. Strano eh...».
E’ vero che può giocare in tutti i ruoli del centrocampo?
«Io sono una mezzala. All’occorrenza posso fare altro, ma dipende dal contesto e sempre con le mie caratteristiche».
Lo Spezia sorprende pure lei?
«Non so dirle se sono sorpreso perché vedo come ci alleniamo e cosa proviamo. A volte riusciamo a riproporre tutto in partita, altre volte no, ma stiamo facendo un bel cammino».
Italiano cosa le chiede?
«Tante cose. Vuole che migliori nella gestione della palla e dei momenti decidendo bene quando verticalizzare, fare il passaggio sicuro, forzare la giocata».
E’ prestissimo ma in questo momento sareste salvi e avete giocato contro le prime due (Milan e Sassuolo) e la Juve. L’autostima è cresciuta?
«L’entusiasmo è un’arma troppo importante per noi e non deve mancare nemmeno dopo le sconfitte. Io credo che se continuiamo così, ce la facciamo».
Quanto è stato importante Gattuso nella sua crescita?
«Tanto, soprattutto dal punto di vista umano. Ho passato con lui pochi mesi, però è stato una guida preziosa nel delicato passaggio al calcio dei professionisti. Gattuso mi ha insegnato a curare i particolari».
Maldini le ha detto qualcosa prima di mandarla in prestito allo Spezia?
«Mi ha fatto l’in bocca al lupo e mi ha spronato a lavorare bene perché il Milan continua a seguirmi».
Il Milan si è tenuto il controdiritto di riscatto. E’ lì il suo futuro?
«E’ lì che voglio tornare. Prima di passare allo Spezia ho giocato in amichevole contro Monza e Vicenza. E mi ero accorto che il Milan fosse pronto per il salto di qualità: è una grande squadra, tutti sanno quello che devono fare in campo e le caratteristiche dei singoli vengono esaltate. Piuttosto mi è spiaciuto giocare con lo Spezia in un San Siro deserto: è stato molto triste».
Da bambino era tifoso?
«Ero juventino. Nel 2012 Cagliari-Juve fu giocata a Trieste e io ero uno dei raccattapalle: quella sera la Juve di Conte vinse lo scudetto. Poi ho fatto il raccattapalle anche a San Siro».
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