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Castellacci lancia l’allarme: “Dimezzare quarantena o campionato non finirà”

Castellacci (Getty Images)

Il presidente dei medici italiani del calcio e la prospettive per la ripresa e conclusione della stagione di Serie A

Redazione ITASportPress

L’ex medico della Nazionale Enrico Castellacci, ora presidente della Libera Associazione Medici Italiani del Calcio (Lamica), ha commentato ai microfoni del Corriere dello Sport la ripresa del campionato e l'annuncio del nuovo calendario con grande attenzione ad alcuni temi legati al protocollo e all'eventualità di un caso di positività a campionato ripartito.

RIPRESA - "Diciamolo: la ripartenza della Serie A è già una grande vittoria. Buona parte del merito va alla Figc che non si è fermata ai primi problemi e ai muri che la politica ha alzato in questi mesi. Sta ripartendo il mondo, i locali si riempiono, i negozi riaprono, nelle strade scorre vita. Mi sembra giusto che anche un’industria importante come quella del calcio abbia le stesse possibilità". "Il protocollo? Le società che militano nel massimo campionato potranno applicarlo tranquillamente, ma possiedono potenzialità economiche, organizzative, logistiche e umane non paragonabili. Per le altre leghe la vedo più difficile. Come associazione abbiamo portato in Federcalcio due documenti per dare voce ai medici di Serie B e Serie C: i primi hanno delle perplessità, i secondi nel 90% dei casi affermano che difficilmente potranno far rispettare il protocollo".

RISCHIO - Ma Castellacci ha voluto sottolineare anche un rischio legato alla conclusione della stagione: "Se volontà federale e volontà politica coincidono e se tutti hanno scelto di andare avanti, come sembra, perché non pensare ad una riduzione della quarantena a sette giorni? Soltanto così il campionato potrebbe andare avanti. Quattordici giorni sono troppi e la normativa del ministero della salute è del 21 febbraio. Nel frattempo è mutato lo scenario". "Capienza ridotta per gli stadi?In questo momento la vedo dura. Se c’è l’obbligo di mettere in quarantena 300 persone per un solo caso di Covid-19, figuriamoci cosa potrebbe succedere se entrasse il pubblico negli impianti… Facciamo un passo alla volta".