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Prandelli: “Non si può giocare a calcio e contare i morti. Serve il giusto tempo per ripartire…”

Cesare Prandelli (Getty Images)

"Il calcio può far bene alla gente, ma deve essere momento di gioia"

Redazione ITASportPress

Cesare Prandelli aspetta, senza fretta, la ripresa della Serie A. L'ex ct e allenatore ha commentato ai microfoni de Il Secolo XIX, il complicato momento dell'Italia in questo periodo di emergenza per il coronavirus. Nessun dubbio su come il mondo sportivo deve comportarsi riguardo la possibile ripartenza dei campionati: "Gli esperti dicono che buona parte delle regioni sarà pronta a ripartire per metà giugno? E allora aspettiamo sino ad allora pure per il calcio".

PERSONALE - "Io sono a Firenze. E sono un privilegiato perché qui ho i miei ulivi, la terra dove camminare, il silenzio. Ma ho vissuto tre settimane molto dure, ogni giorno brutte notizie, parenti contagiati, amici uccisi dal virus. Ma ora va un po’ meglio. Mi è pure nato un nipotino...", ha raccontato Prandelli. "A Orzinuovi sono nato, lì c’è la mia famiglia. E a Bergamo ho vissuto 15 anni. La cosa più dura è non poter consolare da vicino chi ha vissuto un lutto. La moglie di un mio caro amico era disperata: non era potuta stare vicino al marito in ospedale, non sapeva neanche più dov’era, come fargli il funerale. Un dramma nel dramma: crudele e inaccettabile".

SERIE A - E poi sul calcio: "Sono sicuro che si ripartirà, tutti lo vogliamo, ma non capisco la fretta. Se i contratti slitteranno un po’ non è un problema. E non lo sarebbe se invece di tornare ad allenarsi a inizio maggio si aspettassero altri 15-20 giorni. Serve il giusto tempo per far attenuare il dolore. Altrimenti da un lato si conteranno 500 morti al giorno e nella stanza a fianco si penserà ad uno spettacolo da riproporre. E poi se ci sono ancora dubbi, se ci devono essere tutti questi limiti, come i turni per le docce e per mangiare, forse non siamo pronti. Gli esperti dicono che buona parte delle regioni lo sarà per metà giugno? E allora aspettiamo sino ad allora pure per il calcio. Che può far bene alla gente, ma deve essere momento di gioia».