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Quagliarella: “Per me Napoli era un sogno, poi quelle lettere anonime…”

Quagliarella (getty images)

Le parole dell'attaccante ai microfoni di Sky Sport

Redazione ITASportPress

Ai microfoni di Sky Sport, parla Fabio Quagliarella, attaccante della Sampdoria. Il giocatore parla della sua avventura con la maglia dei partenopei. Ecco quanto evidenziato da Tutto Napoli: "La settimana prima di Udinese-Cagliari, penultima di campionato, mi aveva chiamato il mio procuratore dicendomi che forse c'era la possibilità che il Napoli mi volesse, avevo un giorno di tempo per decidere ma gli dissi che non c'era bisogno di aspettare, gli dissi subito sì. Napoli per me era un sogno. Amo la maglia e la città, per me era il massimo. Era bello tornare a casa. Avevo il poster di tutta la squadra del Napoli ma anche della Juve Stabia. Il cuore era gialloblu e poi azzurro, la domenica era sempre un evento emozionante sia al San Paolo che al Menti. Dopo l'estate parlai col presidente, gli chiesi qualche giorno in più di vacanza, andai in Polinesia e quando tornai, prima ancora di indossare la maglia azzurra, già c'erano pizze e caffè col nome mio. Ovviamente sapevo che avevo una grande responsabilità, rappresentavo per i tifosi uno di loro in campo. In squadra c'erano altri napoletani come Iezzo, Cannavaro, Vitale. Era bello essere in compagnia. Feci l'esordio a Palermo, poi la prima al San Paolo col Livorno: ero teso mentre arrivavo al campo, sudato senza muovermi, sapevo c'era una marea di gente. Mi dicevo: stai tranquillo, non inventarti nulla".

PERIODO DIFFICILE - "Ringrazio chi mi ha aiutato ad uscirne fuori. Ricevevo lettere anonime e minacce di morte a me, mio padre e mia padre di qualsiasi tipo. Da lì è iniziato un incubo, è venuta a mancare la serenità nel giocare, per me era un'ossessione, poteva essere stato chiunque a mandarmi quelle lettere. Ripensarci fa male, è come riaprire una ferita. Ho trovato una forza interiore che forse neanche io pensavo di avere. È grazie alla mia famiglia se ho resistito. Nei miei confronti il tifoso napoletano mi ha sempre dimostrato tanto amore, forse anche troppo per quel che dimostravo in campo. Mi amavano e ancora mi amavano, ci hanno diviso ma nessuno lo voleva. Quando tutto è finito era venerdì 17 febbraio, lo ricordo benissimo. La notte prima della sentenza non ho dormito, arriva il giorno e la sentenza c'è nel pomeriggio dopo il mio allenamento. Aspettavo con ansia messaggi da mio padre. Quando mi chiama e mi dice che il mio stalker è stato condannato non sapevo se ridere, piangere o dire "afamm....". Ora finalmente posso parlarne e dire quello che ho vissuto. Sono stato tempestato di messaggi di amici, i tifosi mi chiedevano scusa ma loro non potevano saperlo".