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Serie B, l’avv. Di Cintio: “Ecco perchè il format a 19 squadre è illegittimo. Decida il Coni”

Si susseguono gli interventi sul vero caso dell'estate

Redazione ITASportPress

L’avvocato esperto di Diritto Sportivo Cesare Di Cintio è tornato a dire la propria sul blocco dei ripescaggi che la Lega B sta tentando di imporre.

Queste le sue parole raccolte da pianetaserieb.it:

"Come già ampiamente spiegato, il format della Serie B è a 22 squadre ex art. 49 Noif e non può esser modificato se non attraverso una delibera del Consiglio Federale che decide a maggioranza qualificata. L’eventuale modifica entra in vigore dalla seconda stagione successiva rispetto alla sua adozione ex art. 50 Noif.

Oggi il comunicato n. 54 del 30 maggio 2018 contenente criteri e procedure per integrazion...e degli organici dei campionati professionistici di Lega Serie A e Lega B è in vigore. Le domande di integrazione/ripescaggio sono state depositate regolarmente da parte di 6 club. Entro il 30.07.2018 la Lega di Serie B avrebbe dovuto inviare in federazione le certificazioni di sua competenza (per Co.Vi.Soc. e Commissioni criteri infrastrutturali e criteri Sportivi Organizzativi) per consentire alla medesima di stilare la graduatorie delle società ripescabili e colmare conseguentemente i vuoti di organico. Ciò non è avvenuto nonostante i solleciti della federazione.

️ La Lega di Serie B ritiene di poter ridurre l’organico impedendo per facta concludentia i ripescaggi e presentando i calendari. Ciò è illegittimo e contrario all’art. 50 Noif perché il format dei campionati può esser modificato solo dal Consiglio federale.

Che fare allora ? La FIGC Federazione Italiana Giuoco Calcio è di fronte a un bivio: agire per tutelare il format dei campionati di cui è garante oppure appiattirsi sulle determinazioni della Serie B. Secondo la mia opinione la seconda opzione è quella non in linea con le norme in vigore ed espone la Figc a una serie di ricorsi legittimi".

Nel corso di questa turbolenta estate abbiamo avuto modo di conoscere i tanti organi chiamati in causa. Non crede che questo crei, oltre a tanta confusione, un’eccessiva pesantezza dell’apparato burocratico in ambito sportivo? Come mai si è restii ad applicare, oltre alla semplificazione amministrativa, il principio della prevalenza della sostanza sulla forma?

“Il ricorso alla giustizia sportiva, da un lato, è salutare, perché permette a ciascun interessato di potersi difendere. Sono d’accordo sul fatto che debba prevalere la sostanza sulla forma, perché in molti casi l’eccessivo formalismo ha escluso dai campionati diverse società virtuose, come accaduto alla Vibonese che, nella passata stagione, a causa di questioni formali fu estromessa dal campionato di Serie C, salvo poi potervi accedere per meriti sportivi. Ritengo che debba essere fatta una riforma delle norme processuali, perché questa proliferazione di ricorsi deve avere un termine, e questo non può coincidere con l’inizio dei campionati. A mio avviso, il tutto dovrebbe concludersi entro e non oltre il 15-20 luglio. Devono esserci procedure ferree che, da un lato, danno il diritto a tutti di difendersi, ma che terminano in maniera inequivoca nel termine suggerito poco fa, onde evitare che situazioni di questo genere regnino sovrane”.

Restando in tema: il CONI che ruolo ha ed avrà in tutte le dispute attuali?

“Decisivo. Tutti i ricorsi avranno come punto di riferimento il Collegio di Garanzia dello Sport. Trattandosi di atti non altrimenti impugnabili presso altri organi, chi deciderà in un unico grado sarà il CONI al quale, credo, tutte le ricorrenti faranno richiesta di sospensione cautelare dei provvedimenti emessi dalla Lega B”,

Una domanda sul ruolo della Covisoc: parliamo di un organo protagonista assoluto dell’estate extracalcistica. Come si spiega un ritardo così netto sul piano delle tempistiche e della prevenzione? Delle deficitarie situazioni debitorie delle squadre poi fallite, il Cesena in particolar modo, si sapeva da anni.

“Ci troviamo dinanzi ad un altro problema normativo. Le norme che regolano l’iscrizione ai campionati prevedono che ogni società debba adempiere le obbligazioni di natura sportiva, mentre non vengono mai considerate le obbligazioni di natura commerciale, ovvero i debiti con i fornitori. Questi, nella grande maggioranza dei casi, costituiscono la maggior parte dei debiti delle società e, arrivati ad un certo ammontare, ne comportano il fallimento. Spiego brevemente le dinamiche: spesso succede che una compagine, dopo aver pagato i dipendenti, non paghi figure quali il soggetto che taglia l’erba del campo di gioco oppure il fornitore del materiale tecnico. I debiti si accumulano e questi soggetti sono legittimati a far fallire una società, esattamente come sarebbe legittimato qualsiasi dipendente che non dovesse percepire i propri emolumenti. Quindi, la discrasia nasce dal fatto che le norme prevedono un controllo sulle obbligazioni di natura sportiva, ma bisogna capire che anche le obbligazioni di natura commerciale possono portare al fallimento e, fino a quando non vi saranno controlli anche in quest’ultimo caso, non saranno nuove situazioni come quelle recentemente apprese”.