“La cosa più importante che mi ha insegnato il calcio è che non tutto va come vuoi. Se pensi di essere molto bravo, ne troverai sempre uno migliore di te. E se pensi di essere arrivato, può sempre capitarti di farti male e di essere dimenticato. Sì, posso dire che il calcio mi ha distrutto” l’amara confessione di Cuenca.
Poi il drammatico racconto dell’ultimo infortunio, quello subito ai tempi in cui militava in Giappone, al Sagan Tosu, nel 2019: “Con il corpo stavo in Giappone, ma con il cuore ero in Catalogna. Riuscivo ad allenarmi solo una volta alla settimana e dopo le partite la mia gamba si gonfiava regolarmente come un pallone. Ricordo che il medico mi incoraggiò a sottopormi a un intervento perché non avevo più cartilagine e tibia e femore si scontravano. Avevo bisogno di due trapianti, mi sono operato, ma non bastò, quindi ho dovuto lasciare il calcio”.
Il pallone oggi non manca ad Isaac, anzi: “Se mi fossi ritirato un anno e mezzo prima non avrei sofferto così tanto. Sono rimasto fedele al calcio, sbagliando. Adesso sono rinato. Allenare? So che va di moda per gli ex calciatori, ma non ne sento il bisogno. Anzi, il ritiro è stata come una liberazione, un sollievo anche fisico. Il ginocchio faceva così male che volevo solo avere una vita normale, quella che ho oggi. Sono diventato abbastanza esperto del mercato azionario, ho anche investito e non è andata male”.
Restano però i ricordi di aver respirato l’aria dello spogliatoio del Camp Nou e di aver giocato con leggende come Xavi, Messi e Iniesta, seppur di fatto solo per la stagione 2011-’12: “Col tempo ho capito perché quella squadra aveva tanta pressione addosso. Mi faceva effetto giocare con Leo, Xavi, Andrés, Victor Valdes, erano davvero fantastici”.
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