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La denuncia di Yaya Touré sul razzismo: “Qualcuno intervenga. Quando ero piccolo mi hanno umiliato…”

Redazione ITASportPress

"Ho cercato di abituarmici. Ho vissuto momenti molto difficili"

Lunga intervista per l'ex centrocampista tra le altre di Barcellona e Manchester City Yaya Touré. L'ivoriano si è raccontato ai microfoni del Mirror partendo dagli inizi della sua carriera e dai problemi, molto gravi, avuti nell'ambito del razzismo. Collegandosi anche alle recenti vicende avvenute a Raheem Sterling con la propria Nazionale - insultato dai tifosi del Montenegro -, il classe '83 ha rivelato in maniera dettagliato molti, tristi, aneddoti.

UMILIATO - Prima di diventare il calciatore di fama mondiale che è stato, Yaya Touré ha dovuto affrontare diverse peripezie, a partire dall'esperienza in Ucraina al Metalurg Donetsk quando aveva solamente 20 anni: "All'inizio mi sentivo umiliato, poi arrabbiato. I cori che imitano una scimmia erano la cosa peggiore. E a volte lo facevano anche i tifosi della mia stessa squadra". Ma tra i cori più pesanti ricevuti dal centrocampista ce ne sono stati alcuni ben più gravi: "Mi dicevano: 'merda nera torna a casa'. Ho cercato di abituarmici. Ho vissuto momenti molto difficili. La cosa peggiore è che ho dovuto riviverli in ogni partita". E poi quella chiamata, quasi disperata a suo padre: "Ricordo di aver chiamato mio padre e di avergli detto quello che stavano cantando su di me e le urla che imitano le scimmie: 'Papà, mi sento davvero male!' Mi ha detto di andare a giocare lo stesso, di essere forte ma non si rendeva conto di quanto fosse cattivo e duro per me. Un giorno, però è venuto a trovarmi. Tutti i bianchi lontano da lui e andò a sedersi da qualche altra parte. 'Che succede, cattivo odore?' Mi aveva chiesto. Da quel momento ha capito tutto".

INTERVENIRE - Ma Yaya Touré parla anche di attualità e di ciò che sta accadendo a quello che considera suo fratelli minore, Sterling: "Pensi di essere preparato a quello che potrebbero dirti e urlarti, ma alla fine non è vero e resti sorpreso, colpito. Se fossi nei suoi panni me ne andrei dal campo ogni volta". "La soluzione? Se un calciatore viene offeso, l'intera squadra dovrebbe lasciare il campo, compresi i tifosi e i dirigenti, qualcosa deve essere fatto, dalla FIFA, dall'alto ...". "Se non si interviene, purtroppo, dopo qualche settimana, dopo qualche mese, il razzismo tornerà".