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Ballotta: “Mia Lazio campione più forte di questa. 23 anni fa come oggi la ricordo così”

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L'ex portiere Ballotta ha parlato a Itasportpress
Redazione ITASportPress

Il 14 maggio 2000 ha segnato una pagina indelebile nella storia della Lazio e, più in generale, del calcio italiano. Il nubifragio di Perugia, l’incognita sul risultato della Juve, il fiato sospeso fino all’ultimo minuto e il potere delle “radioline”. Giovane protagonista di quel gruppo Lazio a guida Eriksson, il portiere Marco Ballotta. Ai microfoni di Itasportpress.it, l'ex biancoceleste riapre il libro dei ricordi di quella domenica all'Olimpico: Lazio-Reggina 3-0, Perugia-Juventus 1-0 e scudetto biancoceleste.

Se le dico 14 maggio 2000 qual è la prima istantanea che le balza in mente?

“Ne ho parecchie. Fu una vittoria particolare. Noi avevamo finito la nostra partita e la Juve doveva ancora giocare il secondo tempo a Perugia. Ricordo che ascoltavano i 45’ dei bianconeri alla radiolina con grande agitazione…”.

All’interno dello spogliatoio percepivate l’impresa come ormai in cassaforte?

“Sinceramente? No, pensavamo un po’ tutti che avremmo giocato lo spareggio. Al gol di Calori esplodemmo di gioia”.

Con il senno di poi sarebbe stato più giusto uno spareggio con la Juve?

“Sarebbe stato bello giocarsela per il fascino della sfida, ma credo che sia stato giusto così”.

Qual era il segreto del vostro gruppo?

“Eravamo forti. Eriksson era un gestore perfetto. Sapeva esattamente quali corde toccare ogni partita. Insomma: c’erano individualità tecniche incredibili. Bisognava solo essere abili nella gestione. E, su questo, il mister era un maestro”.

Vi sentite ancora?

“Certo, ci sentiamo ancora. Qualcuno è ormai sparso in giro per il mondo, ma quell’annata la ricordiamo sempre, come è giusto che sia”.

Passiamo all’attualità. Il suo giudizio sulla Lazio di Sarri?

“Direi un campionato tutto sommato positivo. Stiamo vedendo la mano di Sarri. Purtroppo, anche a livello di prestazione e risultati, i biancocelesti sono un po’ troppo altalenanti. C’è da lavorarci su”.

Ci sono analogie tra la Lazio del 2000 e quella attuale?

“No, sono due squadre completamente diverse. Noi eravamo un gruppo di campioni, qui invece ci sono individualità forti, ma plasmabili attraverso una filosofia di gioco. E, non a caso, c’è Sarri per questo”.

Il suo punto di vista sulla “telenovela Milinkovic-Savic”?

“Con Milinkovic è sempre la stessa storia ogni anno. Alla fine di tutte le stagioni, non si capisce che cosa voglia realmente fare. Credo però che a questo giro si sia giunti a un “dunque” definitivo. Lotito vuole giustamente monetizzare e vedremo cosa accadrà. Questa continua altalena non conviene a nessuno”.

Capitolo portieri. Il suo parere su Provedel?

“Non mi aspettavo un impatto così importante. È arrivato quasi in silenzio e si è giocato le sue carte alla grande. È uno dei migliori portieri della Serie A. Non aveva mai giocato prima in piazze in cui si lotta per traguardi importanti come la Lazio e avrebbe potuto soffrire qualche pressione. Lui ha smentito ogni scetticismo”.

Chiudiamo come abbiamo iniziato, ovvero tornando al 2000. Di quel gruppo faceva parte anche Simone Inzaghi, attuale tecnico dell’Inter. Qualora passasse in semifinale con il Milan, avrebbe chance concrete di vincere la Champions o Real e City sono troppo più competitive?

“E perché non dovrebbe avere le sue chance? Simone (Inzaghi ndr) è molto sottovalutato come allenatore. Ha vinto già tanto in carriera, tra Supercoppe Italiane e Coppe Italia e, quando arrivi in una finale, la percentuale è sempre 50 e 50. Quindi se l’Inter passerà il turno, io dico che può vincere la Champions”.

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