CALCIO ESTERO

United, rivelazione choc per l’ex Atalanta Amad Diallo: arrivato in Italia grazie al traffico di esseri umani

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Secondo il Times Diallo ed altri giocatori (tra cui Traoré) sono approdati nel mondo del calcio grazie all'operato di una banda di trafficanti di esseri umani
Redazione ITASportPress

E' stata definita la partita dell'anno: quella in cui il Manchester United si fa beffe del Liverpool con un gol segnato al 121' per il 4-3 finale, che lancia i Red Devils in semifinale di FA Cup.

E' storia di una settimana fa. Ma vale la pena riprenderla perché l'autore del quarto e decisivo ed epico gol per lo United risponde al nome di Amad Diallo. C'è una storia che ha dell'incredibile alle spalle di questo ventunenne ivoriano che lo United ha preso dall'Atalanta  nell'estate del 2021 per 25 milioni più bonus. Solo 13 partite per lui e 2 gol con i Red Devils (uno dei quali resterà epico appunto), ma ciò che più importa è come il ragazzo ha raggiunto il calcio d'élite: a quanto pare grazie ad una rete di traffico di esseri umani, che aveva come prima rotta l'Italia.


Secondo il Times si trattava di una banda organizzata operante in Costa d'Avorio, che provvedeva a falsificare i documenti dei giovani calciatori mandandoli in Italia. Questa stessa banda poi aiutava le coppie africane residenti in Italia a rivendicare la paternità dei giovani arrivati dalle coste africane. Un traffico che rappresentava per i quei ragazzi l'unica possibilità di approdare al calcio. E' così che Diallo arrivò a Bergamo all'età di 14 anni insieme ad altri 4 ragazzi. Il suo "presunto" padre fondò il Leader Foot, la prima squadra di Diallo, mentre la madre ricopriva un ruolo di rilievo nell'Atalanta, sua prima squadra professionistica.

Incredibilmente nella famiglia dove è stato "accolto" Diallo arrivò pure Hamed Junior Traoré, attuale calciatore del Napoli: li hanno spacciati per fratelli. A seguito poi di un'analisi del sangue si concluse che i due non erano fratelli biologici. La banda adesso si è sciolta, tuttavia una fonte anonima che ha collaborato con il Times assicura che "questa potrebbe essere una pratica comune in Italia".

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