Scelta di non scegliere Grella ha diritto di esprimere le proprie idee, di raccontare ai tifosi ciò che pensa e di stringersi con loro. A un patto, però: che poi vada fino in fondo al percorso che ha tracciato. Bisogna vedere per quanto tempo sarà disposto a difendere il suo allenatore, cercando di compattare l’ambiente attorno a lui, non concedere alibi allo spogliatoio. Provare a rafforzarne la posizione, insomma, salvo esonerarlo se contro l’Avellino non arriverà una sconfitta. Ma finora è davvero incomprensibile la scelta di non scegliere del vicepresidente.
Non solo Tabbiani Attenzione, però: sarebbe sbagliato pensare che le responsabilità dei guai del Catania siano da addebitare solo a Tabbiani. In realtà, a parte Chiricò e Di Carmine, la squadra costruita male da Grella non ha mai entusiasmato. Aver mandato via gente come Russotto, Giovinco e Lodi, che in questa squadra avrebbero giocato spesso visto il rendimento dei titolari di Tabbiani, si è rivelato un errore. Il tecnico ha modificato il modo di fare calcio dei rossazzurri, partendo dal 4-3-3 per poi cambiare contro Taranto e Monterosi ma alcune scelte sono incomprensibili anche quando ha dovuto gestire partite contro avversari modesti come il Monterosi Tuscia, una squadra di giovani ultima in classifica e con una striscia di sconfitte prima di ieri sera da brividi.
Catania forcaiola Per le critiche ricevute finora da stampa, tifosi e addetti ai lavori, il tecnico genovese deve essere mentalmente una specie di Robocop foderato di amianto e forse non basta. Riuscire ad allenare una squadra, forse sua, chi sa se ancora sua, mentre ovunque è l’apoteosi del #TabbianiOut, non è facile. E non è vero che questa piazza è forcaiola come qualche calciatore ha detto dentro lo spogliatoio per le critiche ricevute e ritenute eccessive dopo la vittoria contro il Taranto. A Catania la passione e l’entusiasmo pullula in ogni angolo della città e i giocatori devono sapere che indossare la maglia rossazzurra non è facile. Bisogna avere carattere e personalità. A Robocop Tabbiani resta un’ultima occasione per provare a trasformare i fischi in applausi, altrimenti sarà addio. E senza più ripensamenti.
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