Sul Cagliari e il suo futuro: "Ho deciso che il Cagliari sarà l’ultima squadra che allenerò. Farei un’eccezione soltanto per un nazionale intrigante, e preciso che non mi sto candidando alla panchina azzurra. Sì, smetterò a Cagliari, ma non so quando. Magari resisto vent’anni", ha ironizzato il mister.
"Scherzi a parte, questo è il posto giusto per smettere, mi sento di chiudere finalmente un cerchio. Qui è cominciata la mia carriera, perché quando il Cagliari mi chiamò puntando su un giovane senza esperienza, 35 anni fa, era la scommessa della mia vita. Potevo bruciarmi, all’epoca neanche sapevo se avrei fatto l’allenatore. Cominciammo con l’idea di provare a tornare in B nel giro di un paio di d’anni, invece in quei due anni passammo dalla C alla A. Da allora ho Cagliari dentro".
Un passaggio anche sull'importanza di Gigi Riva nella sua scelta di tornare in Sardegna lo scorso anno: "Nel mio ritorno ha influito molto Gigi Riva. Ha detto delle cose, suo figlio ha continuato a mandarmi messaggi, così ho pensato che non dovevo essere egoista, non pensare a me stesso ma a un popolo che in quel momento era in difficoltà. E allora mi sono buttato a capofitto. Prima che venissi, Riva ha detto una sola cosa: Ranieri è uno di noi. L’ultima volta mi ha chiamato mentre stavamo entrando nello spogliatoio di Bari, la sera della finale play-off e ha detto: dì ai ragazzi che hanno tutto il nostro popolo con loro. È stata come una benedizione".
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