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Catania, in arrivo un 2020 da paura: cosa accadrà al club di Pulvirenti

foto Getty Images

Il sodalizio etneo chiude un 2019 terribile ma il 2020 si aprirà ancora peggio

Redazione ITASportPress

Il gol di Gonzalo Bergessio su rigore al minuto 92 stese l'Atalanta, ma non evitò al Catania la retrocessione in Serie B. Fu quella l'ultima rete in Serie A del club dell'Elefante. Un giro di giostra lungo quasi otto anni, dal 17 settembre del 2006 al 18 maggio del 2014. La Dea fu la prima rivale interna del Catania dopo il ritorno in Serie A, il destino beffardo ha deciso di spedire nuovamente i nerazzurri al Massimino, per l’ultima gara casalinga della band di mister Pellegrino nel massimo campionato. Da quel triste giorno per il club etneo iniziò un declino senza fine che portò il Calcio Catania in un anno in Serie C dopo la bufera del calcioscommesse. Oggi la Gazzetta dello Sport fa una analisi spietata del sodalizio del patron Antonino Pulvirenti, un imprenditore di successo agli inizi del nuovo millennio, ma che poi dal 2014 sembra che conviva con i corvi neri, uccelli portatrici di sventura.

UN 2020 DA PAURA - Il 2019 si chiude malissimo e il 2020 si aprirà anche peggio -scrive Davide Tondi sulla Rosea-. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è la lettera spedita dalla società ai giocatori di Lucarelli: «I soldi sono finiti, cercatevi un’altra squadra». Pur se il tentativo di nascondere la crisi (anche tecnica) sotto strategie societarie non convince nessuno. Il 7 gennaio, i tifosi catanesi più che l’Epifania potrebbero celebrare la triste fine del loro club. Il tribunale, salvo colpi di scena, decreterà il fallimento di una delle società controllanti (il gruppo Meridi di Pulvirenti). L’effetto domino sarà devastante e il calcio italiano rischia di perdere un altro pezzo storico.

SCATOLE CINESI - Il Catania strangolato dalle passività delle scatole cinesi delle imprese di Pulvirenti era sotto scacco già in estate. Perché allora cominciare la stagione sperando di svangarla in qualche modo? Perché permettere al Catania di gettarsi in mare aperto senza un salvagente, anzi col rischio concreto di falsare l’intero campionato? Quesiti che vanno rivolti alla Figc che in effetti ha introdotto norme più restrittive sulle iscrizioni. Ma evidentemente tutto ciò non è bastato. E l’iscrizione del club pareva in regola. Se qualcuno riuscirà a salvare il Catania potrebbe ripartire dal gioiello della società, la sede di Torre del Grifo, struttura sportiva all’avanguardia che può essere un modello per tutto il sud. Eppure anche lì pendono debiti su debiti. È un risiko micidiale e forse solo il tribunale può mettere ordine -conclude Tondi-.

LA BEFANA - Occhio al 7 gennaio: è il giorno in cui la Meridi, società riconducibile ad Antonino Pulvirenti (oggi membro del cda, dopo la lunga squalifica per il calcioscommesse) e che supporta il Catania, si presenterà in tribunale per chiedere il commissariamento del club. Un passaggio che potrebbe portare al fallimento, per un iter che purtroppo il calcio italiano già conosce: concessione dell’esercizio provvisorio, istituzione di un’asta giudiziaria, attesa di nuovi proprietari e ripartenza. E se non si trova nessuno, perdita del titolo sportivo e palla nelle mani del sindaco per individuare una nuova proprietà da presentare alla Figc per ripartire da zero (o quasi).

LA FUGA DEI TIFOSI - Se i tifosi (quasi 5.700 abbonati) si sono tirati indietro, non è solo per i risultati deludenti. Il Catania è settimo a 21 punti dalla Reggina, in corsa per i playoff. Ma le difficoltà societarie - una gara è stata giocata a porte chiuse per mancanza di steward - non hanno impietosito la gente. Anzi. Il club è in vendita da tempo, Pulvirenti si è defilato all’estero, ma nessuno si è avvicinato in maniera concreta. I tifosi da tempo chiedono il cambio, la scorsa settimana hanno marciato in 500 per manifestare contro la proprietà, i gruppi organizzati non entrano più allo stadio da almeno quattro gare, si è creata una frattura insanabile. Le presenze al Massimino si sono ridotte al minimo: 800 paganti.

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